Boom Etf in Borsa, sorpassati i fondi

Sono diventati i primi per patrimonio negli Usa. Ecco cosa può accadere in Italia

Boom Etf in Borsa, sorpassati i fondi

Gli Etf rottameranno i fondi? Il sorpasso c'è già stato qualche settimana fa negli Stati Uniti: per la prima volta il patrimonio raggiunto in termini di masse gestite da questi prodotti è arrivato a 4.271 miliardi di dollari, mentre le masse dei fondi attivi sono scivolate a 4.246 miliardi.

A livello mondiale, nel 2019 è stata superata la soglia dei 5mila miliardi di euro. Se continuano i tassi di crescita attuali, nel 2023 oltre 11mila miliardi di euro nel mondo potrebbero essere investiti in Etf.

Una crescita che, secondo Moody's, andrà a togliere quote di mercato a fondi d'investimento e Sicav, con gli Etf che passeranno dal 15% al 22% delle masse gestite mondiali nel 2025. La presenza contemporanea di dinamiche come Mifid 2, tassi bassi e ricerca di riduzione dei costi per gli investitori rappresentano i fattori di spinta anche del mercato degli Etf in Italia che quest'anno ha raggiunto il traguardo storico dei 1.000 prodotti quotati a Piazza Affari

Ma cosa sono gli Etf? E perché stanno guadagnando terreno? Acronimo di Exchange-Traded Fund, gli addetti ai lavori li chiamano «i replicanti». Sono negoziati in Borsa come un'azione e hanno come unico obiettivo quello, appunto, di replicare l'indice al quale si riferiscono (chiamato benchmark) attraverso una gestione totalmente passiva. Non hanno quindi bisogno di un gestore. A renderli più appetibili sono i costi di gestione mediamente inferiori del 70% rispetto ai normali fondi. «Se un fondo azionario ha un costo mediamente annuo complessivo di gestione e altro del 2,5% e uno obbligazionario dell'1,5% nel caso degli omologhi Etf questo costo può essere più basso anche di un 80% e non prevedono il pagamento di alcuna commissione di performance», spiega Salvatore Gaziano di Soldiexpert.

In sostanza, Negli Etf non c'è retrocessione o incentivo a chi li piazza. Nello scegliere la banca con cui negoziarli è comunque importante tenere conto dei costi di negoziazione che richiede l'intermediario in funzione del capitale investito. Ogni euro che si paga in commissioni di gestione o di negoziazione è infatti un euro in meno di rendimento potenziale.

È già partita la guerra dei costi. Circa l'80% di questo mercato è in mano a tre operatori: BlackRock, State Street e Vanguard, il cui fondatore, Jack Bogle, è considerato il padre dei «replicanti». E proprio Vanguard ha annunciato un netto taglio delle commissioni di 11 dei suoi Etf quotati in Europa, inclusa Piazza Affari, e anche Invesco ha ridotto le commissioni fisse. Con il risultato che se nel 2012 il costo medio degli Etf sull'indice S&P 500 era di 40 punti base, oggi il pricing medio viaggia a 7 punti base.

Non solo. Rispetto ai primi Etf totalmente passivi questo settore ha iniziato a produrre i cosiddetti Etf Smart Beta che, sempre dichiarando un indice di riferimento, non si limitano solo a replicarlo passivamente ma anche a effettuare delle selezioni ulteriori in base a fattori qualitativi (per esempio azioni con maggiori dividendi) o quantitativi (per esempio titoli del paniere con minore volatilità oppure con una performance migliore).

Con il paradosso che diversi fondi a loro volta ricorrono sempre più agli Etf per investire su numerosi mercati e comparti: una delle più grandi società di gestione del mondo, ovvero Blackrock, possiede già in Europa il 41% del mercato degli Etf con la società iShares.

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