Quelli che non svestono mai la divisa d’ordinanza del pessimismo, aspettano. Aspettano di vedere quale sarà l’umore dei mercati, lunedì, alla ripresa delle danze. Quando forse si sarà dissolto l’effetto vagamente allucinogeno del summit di Bruxelles, già passato dalle cronache agli annali come il summit in cui Mario Monti, novello Uri Geller, riuscì a piegare lo spread e Mariano Rajoy impose la ricapitalizzazione diretta delle banche spagnole da parte dell’Esm. Dal mondo finanziario plumbeo e rassegnato a una fine da profezia Maya del pre-vertice, siamo passati in una manciata di ore all’approdo sull’isola felix popolata di spensierati dispensatori d’ottimismo. Ancora una volta prevale il gusto per l’iperbole: troppo nero prima, troppo rosa ora.
Questo passaggio è scandito più che mai dalla sterzata netta, perfino violenta, di ieri delle Borse. Rialzi così vistosi mai s’erano visti nel 2012. Men che meno a Milano, perché quel +6,6% finale (+3,8% in settimana) non è solo la migliore performance dell’anno, ma la dodicesima di sempre, un monumento rialzista eretto fin dalla mattina da chi voleva fare una sola cosa: comprare, investire, mettere le mani su un pacchetto di azioni nonostante il continuo lievitare dei prezzi. Soprattutto di quei titoli venduti a mani basse fino a qualche giorno fa. Ovvero, quelli delle banche, evitate come la peste perché con i portafogli grondanti di Btp e Bot. Merce a rischio, quasi un carico radioattivo. Adesso, con lo iodio anti-spread, sembra cambiare tutto, in un capovolgimento da vertigine finanziaria che ha portato il Ftse Italia del settore a incassare ieri un guadagno superiore all’11% grazie ai mega-rialzi di Unicredit (+14,26%), Intesa Sanpaolo (+11,58%), Banco Popolare (+11,31% ) e Bper (+10,45%).
Sempre più in alto, mentre s’afflosciava il differenziale tra Btp e Bund fino a 408 punti (un po’ meno brillante la chiusura, a quota 424). I rendimenti dei decennali sono comunque tornati sotto il 6%, un livello ancora elevato ma più sopportabile per le nostre casse. L’augurio è che ora la discesa continui fino a far uscire la parola spread dal nostro lessico quotidiano. È quanto sperano anche gli spagnoli, tornati a respirare dopo aver visto nei giorni scorsi le streghe sotto forma di tassi sui Bonos oltre il 7%, quello che era stato un punto di non ritorno finanziario per Paesi come Grecia e Irlanda. I rendimenti dei Bonos decennali sono caduti a picco, al 6,33% dall’oltre 6,9% di giovedì, e lo spread rispetto ai Bund è calato a 474 dai 542 punti base precedenti. Madrid ha festeggiato con un balzo del 5,38%. Logico: da adesso la Spagna può utilizzare i fondi salva-Stati per ricapitalizzare direttamente le sue banche, senza che questo vada a creare insidiosi effetti su mole e composizione del debito pubblico nazionale.
Al brindisi non sono però mancate anche Francoforte e Parigi (rialzi di oltre il 4%) ed Atene (+7,4%), in un’euforia collettiva che ha contagiato anche
Wall Street (+2% a un’ora dalla chiusura) e che in qualche modo è stata corroborata da Fitch, secondo cui si sono «allentate le tensioni sui rating dei Paesi euro nel breve termine». Già lunedì vedremo se è davvero così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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