CariFerrara va a Bper per un euro

Ma resta la spina del prestito da 1,7 miliardi

Una «legnata per tutte le banche italiane». Così aveva definito il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, il salvataggio di CariFe, Etruria, Banca Marche e CariChieti, salvate a novembre 2015. A distanza di quasi sedici mesi l'operazione si è completata ieri con la vendita della Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara alla Bper, che ha pagato al Fondo Nazionale di Risoluzione la cifra simbolica di 1 euro. Replicando il copione già adottato da Ubi nell'acquisto delle altre tre «good banks». Bper si porta a casa una banca che, al netto delle sofferenze oggetto di cessione a terzi, ha un patrimonio netto di 153 milioni, una raccolta diretta di 2 miliardi, 102 filiali e oltre 100mila clienti.

Ma quanto è costata la «legnata» annunciata da Patuelli? E quanto costerà ancora? Finora il sistema ha sborsato per il salvataggio 3,6 miliardi custoditi nel Fondo di Risoluzione istituito da Bankitalia. Nei piani originali, però, si prevedeva di recuperare 1,8 miliardi con i proventi della vendita delle good banks. Non è andata così, considerato l'euro pagato da Ubi per comprare le tre banche ripulite e ricapitalizzate con altri 450 milioni del Fondo di Risoluzione (incassando anche 600 milioni di crediti di imposta) e l'euro sborsato da Bper che grazie a una dote fiscale di 60 milioni e un aumento di capitale del Fondo di risoluzione, viene di fatto pagata per comprare la CariFerrara. Già a fine 2016 era chiaro che sarebbero servite altre risorse quantificate da Via Nazionale in una lettera inviata a dicembre alle big del credito in 1,5 miliardi aggiuntivi. La Banca d'Italia ha infatti disposto il richiamo di due quote contributive. Il problema è che nel 2015, Intesa e Ubi avevano erogato al fondo un finanziamento di 4 miliardi in tre tranche, con la garanzia che se il prestito non fosse stato restituito entro la scadenza i soldi li avrebbe messi Cdp. Ebbene, la prima tranche è stata restituita, ma mancano 1,7 miliardi. E vanno trovati entro il 20 maggio.

Gli attivi del Fondo di Risoluzione, che ha chiuso il 2015 in perdita per 2,1 miliardi, sono le partecipazioni nelle quattro good banks e quella in Rev, la società creata per gestire la cessione degli oltre 10 miliardi di euro di sofferenze lorde dei quattro istituti salvati. La bad bank sta chiudendo la raccolta dati e nei prossimi mesi partiranno le prime aste. Dall'incasso ancora incerto.

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