Carige guarda alla sfida tra Mincione e Malacalza

Il titolo scatta e poi ripiega. Giallo su un vertice, smentito, con l'ad Fiorentino e i fondi a Milano

Raffaele Mincione
Raffaele Mincione

La prospettiva di uno scontro fra soci ha acceso il titolo Carige nella mattinata di ieri fino a fargli guadagnare attorno a mezzogiorno oltre due punti percentuali. Poi l'entusiasmo è rientrato e la seduta è stata chiusa in calo dell'1,18 per cento. Di certo, l'ingresso del finanziere italo-inglese Raffaele Mincione nel capitale con una quota del 5,4% non è avvenuto in punta di piedi. E continua a scatenare una ridda di indiscrezioni e congetture su presunte grandi manovre all'interno della compagine azionaria tutt'altro che compatta dell'istituto.

In particolare si fa largo l'ipotesi che se Mincione non otterrà una rappresentanza in cda adeguata al pacchetto rastrellato, come chiesto per lettera al presidente Giuseppe Tesauro, chiederà la convocazione di un'assemblea straordinaria (successiva a quella già fissata il 29 marzo) per la revoca del board e l'elezione di un nuovo organo amministrativo. In questo caso, si tratterebbe di una dichiarazione di guerra agli attuali soci di controllo ovvero la famiglia Malacalza che esprime la maggioranza del consiglio che scade con l'approvazione del bilancio 2018 e quindi nella primavera 2019. Alcune fonti sostengono che la «lista Mincione» potrebbe raccogliere il consenso di fondi di investimento già legati all'Italia e di altri investitori istituzionali internazionali a cui farebbe capo complessivamente quasi il 30% del capitale, quota che si avvicinerebbe al 40% in caso di appoggio anche di Gabriele Volpi, titolare del 9 per cento. Ma che farebbe però scattare a quel punto l'obbligo di Opa. In assemblea la sfida sarebbe con i Malacalza, oggi al 20,6%, che però possono salire fino al 28% con l'autorizzazione - già in tasca - della Bce.

Alle indiscrezioni ieri se ne è intanto aggiunta un'altra assai più ardita secondo cui lo scorso 21 febbraio a Milano, nella sede di piazza Duomo della controllata Banca Cesare Ponti, ci sarebbe stato un incontro fra Mincione, l'ad di Carige, Paolo Fiorentino, e alcuni manager di altri fondi. Incontro seccamente smentito da una portavoce dell'istituto ligure ed escluso anche da fonti vicine a Mincione. Quello stesso giorno, del resto, il presidente Tesauro incalzato dai giornalisti a margine del comitato esecutivo dell'Abi riunito a Roma, aveva definito Vittorio Malacalza «un azionista forte che viene dall'economia reale ed è importante perché non è di quelli che hanno giocato a monopoli tutta la vita, e poi abbiamo un bravo amministratore delegato».

Al netto dei rumors lungo l'asse

Milano-Genova-Londra, sulle manovre nell'azionariato di Carige tengono ben accesi i riflettori sia la Bce sia la Consob che già si è allertata per la mancata comunicazione della richiesta di Mincione da parte di Tesauro all'intero cda.

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