Dura stoccata della Cassa depositi e prestiti ai sindaci «manager» che da Milano a Roma controllano le ex municipalizzate italiane. Un plotone di oltre 8mila piccole società - guidato dalle quattro grandi Hera, A2a, Iren e Acea - che da tempo avrebbero dovuto convolare e nozze e creare campioni nazionali nei settori di riferimento (acqua, rifiuti, energia e gas) per far fronte a un mercato difficile e selettivo. Ma che da anni restano imbrigliate dietro agli interessi politici di chi vede nella frammentazione una garanzia di poltrone e potere. «Abbiamo detto chiaramente che la Cdp, attraverso il Fondo strategico italiano, ha il denaro per investire e vuole investire. Stiamo aspettando che ci vengano presentati dei progetti», spiega l'ad Giovanni Gorno Tempini a margine del suo intervento a ll'«Italian Infrastructure Day 2014». «Lo avevamo detto alla fine 2013 - ha aggiunto - siamo a settembre 2014 e ribadiamo, a quasi un anno di distanza, che siamo pronti a farlo. Però questo significa avere dei progetti industriali. Posso dire - conclude - che fino ad oggi noi di progetti non ne abbiamo visti». Un attacco senza precedenti rivolto in particolare ai sindaci delle grandi utility del Paese (A2a, Iren, Hera e Acea) che ciclicamente ipotizzano fusioni senza però aver redatto un piano ad hoc che faccia emergere le sinergie e le criticità. Una vicenda che ricorda quella dei fondi europei che sono disponibili, ma spesso non vengono utilizzati, e che per le utility riguarda un vero e proprio «tesoretto». La Cdp assicura di avere a disposizione una potenza di fuoco da 500 milioni. «Abbiamo messo da parte idealmente mezzo miliardo», spiega il ceo restando in attesa di piani industriali credibili e dell'input del governo che per dare la «sveglia» al settore - e in parallelo all'analisi del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, sulle inefficienze delle partecipate - ha annunciato un piano di razionalizzazione. Attesa con la prossima Legge di Stabilità, la road map del governo Renzi prevede incentivi agli enti locali che decidono di dismettere le quote nelle società oggetto di fusioni. Basterà? Quello che manca, al momento, sono piani concreti. Sui tavoli dei cda ci sono, infatti, solo una serie di piccole acquisizioni che le grandi utility hanno messo in calendario nei territori di riferimento: A2a in Lombardia (nei settori ambiente e idro), Hera tra Emilia e Triveneto (gas e ambiente) e Acea tra Lazio e Toscana (per lo più nell'idro). Quanto alle grandi fusioni, in settimana il sindaco di Torino, Piero Fassino, e quello di Milano, Giuliano Pisapia, hanno rilanciato le nozze tra A2A e Iren. Intenzione che ha incontrato già una serie di ostacoli: il no dell'altra anima di A2a, il sindaco di Brescia Emilio Del Bono più orientato ad acquisire Lgh; l'Expo alle porte e la dismissione di quote A2a in corso d'opera. Diverso il punto di vista del mercato secondo cui «la fusione creerebbe un soggetto molto diversificato con ulteriore potenziale aggregativo nelle rispettive aree geografiche (Lombardia, Piemonte, Luguria, Emilia)».
Quanto a Hera, che a luglio a inglobato Amga (Udine), da tempo è la società indicata dagli analisti come prima protagonista del risiko per la sua forza finanziaria. Al momento però ha nel mirino «solo» le gare d'ambito del gas nelle aree di Padova, Trieste, Gorizia, e nei tre ambiti di Udine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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