
Coldiretti lancia un allarme sugli effetti dei dazi Usa sulla filiera agroalimentare italiana: a rischio sono 9 miliardi di export. Secondo un'analisi effettuata sui dati Istat, l'effetto delle tariffe aggiuntive Usa già imposte da aprile si è fatto sentire subito: la crescita dell'export agroalimentare italiano negli Usa è crollata al +1,3%, contro il +28,7% dello stesso mese del 2024.
"Un segnale preoccupante avverte il presidente di Coldiretti Ettore Prandini (in foto) che impone all'Europa di trovare una soluzione diplomatica condivisa. Ma serve anche aprire una riflessione interna su tutti quei dazi invisibili' che ostacolano le nostre imprese, a partire dalla burocrazia, un vero costo occulto". I numeri parlano chiaro: se il trend attuale dovesse proseguire, il traguardo dei 9 miliardi di export agroalimentare italiano negli Usa potrebbe allontanarsi pericolosamente. Ad aprile, l'export di vino ha registrato un calo del 9%, contro un balzo del +18% un anno prima. L'olio d'oliva ha segnato un crollo del 17%, dopo il boom del +75% del 2024 legato all'impennata dei prezzi. Solo i formaggi resistono in positivo (+7%), ma lontani dal +24,5% dell'aprile precedente.
"A pagare il prezzo più alto spiega Vincenzo Gesmundo, segretario generale Coldiretti potrebbero essere non solo le imprese ma tutti i cittadini italiani. Il mercato Usa è fondamentale per la nostra economia e ogni compromesso al ribasso sarebbe inaccettabile". Il timore, oltre alla perdita diretta di quote di mercato, è anche l'effetto distorsivo sull'offerta. Il rischio è che l'aumento dei prezzi dei prodotti originali spinga i consumatori americani verso le imitazioni italiane, il cosiddetto Italian sounding, già fiorente negli Usa e valutato oltre 40 miliardi di euro. "Il cittadino americano è sempre più interessato al nostro modello alimentare, riconosciuto dall'Onu come strategico nella lotta alle malattie non trasmissibili. Ma occorre contrastare il calo dell'export e riaffermare il valore della dieta mediterranea".
Il futuro resta incerto. Dopo un primo trimestre 2025 in crescita (+11%, in linea col decennale), i dati di aprile evidenziano una decisa inversione di rotta. E mentre si attendono i numeri di maggio e giugno per misurare l'effetto reale delle tariffe finita la fase di scorte è chiaro che le ripercussioni potrebbero essere durature. Per Coldiretti, l'esperienza dei dazi Trump 1.0 parla chiaro: fra 2019 e 2020, si registrarono cali generalizzati delle esportazioni italiane, dal -15% della frutta al -28% delle carni, passando per -20% nei liquori e -6% nel vino, pur non colpito direttamente.
In gioco non c'è solo un pezzo
importante dell'export italiano, ma un sistema produttivo che lega qualità, territori e lavoro. Ecco perché serve una risposta politica forte, coordinata e lungimirante, prima che la somma delle incertezze si trasformi in crisi.