Gli analisti avevano indossato l'impermeabile del pessimismo, preparandosi a una trimestrale tutt'altro che esaltante. Citigroup, invece, li ha smentiti tutti presentando conti superiori alle attese. Non solo. Se il colosso bancario Usa non avesse dovuto farsi carico di una joint-venture con Morgan Stanley partita col piede sbagliato e finita peggio, i risultati sarebbero stati ben altri.
Nel settembre scorso il 49% della società di brokeraggio Smith Barney, detenuto da Citi, è infatti stato ceduto a Morgan Stanley a un prezzo nettamente inferiore a quello iscritto precedentemente in bilancio. Talmente basso da dover procedere a una maxi-svalutazione da 4,7 miliardi di dollari che ha inevitabilmente sgonfiato gli utili, scesi tra luglio e settembre dell'88% a 468 milioni. Senza la svalutazione i profitti sarebbero invece stati pari a 3,3 miliardi a fronte di ricavi per 17,6 miliardi (-9%). Il dato finale sugli utili è comunque superiore alle stime, che scommettevano su 0,97 dollari per azione contro gli 1,06 poi registrati. Non a caso, a Wall Street i titoli della terza banca statunitense hanno subito preso il volo, e a un'ora dalla chiusura guadagnavano oltre il 4%.
L'ultima trimestrale segna comunque un'altra tappa nel percorso di allontanamento dai disastri provocati durante la crisi dei mutui subprime.
Citigroup, utili in calo, ma meglio delle attese
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