Confindustria, acciaio e ripresa

Confindustria, acciaio e ripresa

Ci eravamo tanto illusi. In molti avevano creduto che i segnali di ripresa registrati in Italia nel 2017 potessero consolidarsi: molti segnali avevano fatto presagire che il peggio fosse passato. Oggi però riapriamo gli occhi con gli ultimi dati che confermano il ripiegamento: se S&P ha tagliato le stime di aumento del Pil nel 2018, passando dall'1,5 all'1,3%, con un ulteriore calo nel 2019, l'Istat registra una fase di debolezza dell'industria manifatturiera. Davanti a uno scenario così grigio - che coinvolge l'intera Europa - c'è pure il rischio che il deficit italiano aumenti molto per finanziare la manovra in cantiere del governo. La Confindustria suona l'allarme, un allarme che rischia di diventare rosso anche per certi terremoti interni. Proprio l'altro giorno, c'è stato, infatti, l'annuncio del divorzio dalla Federacciai del gruppo Marcegaglia: un «forfait» clamoroso considerando che, per anni, Emma Marcegaglia è stata leader indiscusso dei giovani industriali e poi degli stessi senior. Secondo il gruppo lombardo, la Federacciai starebbe facendo gli interessi dei produttori di prima e seconda trasformazione trascurando, quindi, gli altri imprenditori. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ha subito replicato che lavorerà per ricomporre la frattura: «Spero si riapra il dialogo con Marcegaglia». Più in generale, il numero uno di Viale dell'Astronomia, Vincenzo Boccia, cosa pensa di tali fibrillazioni? A il Giornale dice che «a parte il rallentamento del Pil, attorno al mondo delle imprese rischia di maturare un clima minaccioso». Perché la politica economica di Trump e quella cinese insidiano le nostre produzioni ad alto valore aggiunto. Ebbene, «dovremmo reagire rendendo più semplice la vita alle imprese e facendo della crescita lo strumento principale per affrontare il vero problema dell'Italia: l'occupazione». Ci sarebbe bisogno - prosegue Boccia - di un «gioco di squadra come quello avviato con i sindacati nel Patto della Fabbrica che prevede soluzioni condivise per assicurare più sviluppo, a partire dai lavoratori». Confindustria chiede un cambio di marcia. «L'Italia è e resta il secondo Paese manifatturiero d'Europa e meriterebbe leggi e regole in grado di assecondarne le potenzialità». L'invito al governo è uno solo: voltare pagina, magari con l'aiuto dell'Europa.

Non è un caso che il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, mi ribadisce: «Serve un'Europa che protegga i suoi cittadini e il Parlamento Ue deve essere protagonista di questo cambio di marcia anche perché l'indice di gradimento dell'istituzione è salito del 13% nell'ultimo anno». Strasburgo, pensaci tu.

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