Una tantum. Dietro questa parola c'è una violazione dei diritti di migliaia di pensionati. Già perché il governo Renzi ha ignorato con un colpo di mano la sentenza della Corte Costituzionale che con la sentenza 70 del 2015 ha dichiarato incostituzionale l'art 24 comma 25 della Legge n. 201 del 2011, voluta dal governo Monti in quanto lo ha ritenuto lesivo dei “diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale e fondati su inequivocabili parametri costituzionali quali a titolo esemplificativo: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.)", spiega Celeste Collovati legale di Aspes, una tra le prime associazioni che si sono occupate dei diritti dei pensionati su questo fronte. "Quest’ultimo diritto - afferma la sentenza - è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo, attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost. così da evitare disparità di trattamento in danno dei destinatari dei trattamenti pensionistici". Parole chiarissime che non lasciano spazio a dubbi: il governo dovrebbe risarcire chi ha perso una cosistenza fetta del suo assegno pesionistico in modo regolare e mensile e non con "una tantum" come invece ha deciso l'esecutivo Renzi. Infatti come ricorda Collovati "successivamente alla pronuncia della corte Costituzionale, il Consiglio dei Ministri del Governo Renzi ha approvato un decreto legge, poi tramutato in Legge, che in parziale esecuzione della sentenza della Corte, ha previsto per tutti i pensionati che hanno subito un pregiudizio, l’erogazione dal 1° agosto 2015 di una somma “una tantum”, che varia da 750,00 euro a €.250,00 euro, a seconda della pensione percepita che viene ad essere inclusa in una fascia determinata". Ed è proprio su questo punto che il governo avrebbe violato la Costituzione.
"Il Governo infatti, così facendo, non ha più riconosciuto - spiega il legale Collovati - il diritto alla perequazione delle pensioni. Tale diritto doveva equivalere ad un importo che, a seguito di calcoli complessi, sarebbe dovuto diventare parte integrante della pensione e quindi avrebbe dovuto essere sommato a quanto già percepito dal pensionato e che, di anno in anno, avrebbe dovuto subire ulteriori aumenti. Invece il decreto Renzi prevede solamente la corresponsione di un importo “una tantum” che è stato accreditata di volta in volta a seconda dell'importo di pensione percepito e senza che questa somma abbia costituito integrante del proprio reddito". Va ricordato che se l'erario avesse rispettato a pieno la sentenza della Corte, avrebbe dovuto far fronte ad un onere pari a circa 18 miliardi di euro per il 2015 e oltre 4 miliardi di euro a decorrere dal 2016. Una situazione, questa, che ha però negato ai pensionati il diritto di vedersi restituito nel proprio assegno mensile con regolarità quanto dovuto dallo Stato. E così l'avvocato di diritto Collovati lancia un appello: "Alla luce di quanto sopra esposto, ritengo siano stati violati molteplici diritti e principi di carattere costituzionale. Per tale ragione è doveroso intraprendere un'azione legale, affinché vengano tutelati i diritti di tutti i pensionati coinvolti dalla lesione, attraverso il deposito di un ricorso".
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