Crisi dei chip, l'Ue perde il 2% del Pil

Pesa lo stop alle produzioni soprattutto di veicoli. E per l'auto il 2022 apre in rosso

Crisi dei chip, l'Ue perde il 2% del Pil

La crisi dei microchip con il conseguente blocco delle produzioni, in particolare di autoveicoli (altro stop fino a lunedì nella fabbrica Stellantis di Melfi), ha impattato pesantemente sull'economia europea. Nel 2021, secondo il Fmi, il problema è costato il 2% di Pil nell'Eurozona, «l'equivalente di un anno di crescita di molte economie in tempi normali», ha sottolineato il direttore generale del Fondo monetario, Kristalina Georgieva. E i mancati approvvigionamenti, secondo le stime, dovrebbero protrarsi anche nel 2023.

L'Ue, in proposito, ha stabilito che entro il 2030 il 20% della produzione di microchip (ora al 9%) dovrà avvenire all'interno del Vecchio continente. Meglio tardi che mai. In campo saranno messi finanziamenti per 43 miliardi.

Come se non bastasse, inoltre, imprese e consumatori da alcune settimane sono alle prese con il ritorno dell'inflazione, evidente soprattutto nei settori dell'energia e dei carburanti.

L'auto, intanto, è sempre più nell'occhio del ciclone, tra mercato che langue, pandemia, mancanza di semiconduttori, transizione energetica lacunosa e, da parte del governo italiano, interventi per il rilancio delle vendite e a sostegno della filiera che tardano a essere concretizzati. Oggi, in proposito, il Consiglio dei ministri dovrebbe fare il punto su un tema diventato ormai incandescente. Si riparla del possibile varo di un fondo congruo e pluriennale di ecoincentivi (1 miliardo l'anno) per il quale sarebbe in corso un braccio di ferro con il ministero dell'Economia. «Occorre un grande sforzo - avvisa Gian Primo Quagliano (Centro studi Promotor) -: il Pnrr potrà dare un contributo importante, ma senza l'apporto del comparto automobilistico, che con il suo indotto vale il 12% del Pil, l'obiettivo di accorciare le distanze di crescita con i nostri partner europei sarebbe ancora più difficile».

Nel frattempo, le immatricolazioni di auto in Europa hanno segnato, a gennaio, il settimo mese consecutivo in ribasso: -2,4% sul 2021 e -25,5% rispetto al 2019, l'anno pre pandemia. Secondo Acea, l'associazione europea dei costruttori, il 2022 vedrà il mercato salire del 7,9%, a 10,5 milioni di unità sul 2021, numeri però sempre insufficienti a coprire due anni di caduta.

E mentre Francia (1,25 miliardi stanziati), Germania (2,1 miliardi), Spagna (619 milioni) e Regno Unito (2,5 miliardi) hanno già avviato piani di incentivazione delle vendite di vetture a zero e bassissime emissioni, l'Italia resta ancora appesa ai continui annunci sul prossimo arrivo di ecobonus che finiscono per portare solo nuove attese e incertezze nei consumatori e le stesse reti commerciali.

Tra i costruttori, a gennaio, Stellantis ha visto le vendite calare del 12,4% rispetto allo stesso mese del 2021, per una quota mercato scesa dal 21,2% al 19,1%. «Meglio», nelle prime posizioni, hanno fatto Volkswagen (-3,7%) e Renault (-0,9%). Positivi gli asiatici: +35,8% Hyundai-Kia, che ora si colloca al terzo posto davanti a Renault, e +13,5% Toyota.

L'ad di Stellantis, Carlos Tavares, il primo marzo presenterà ad Amsterdam il piano strategico del gruppo fino al 2030.

E per quella data dovrebbe essere definito il progetto per trasformare l'impianto di Termoli in una Gigafactory da 2,5 miliardo di euro. «Dovremmo firmare a giorni con un impegno del Mise di 370 milioni circa», la precisazione pervenuta ieri dal viceministro Gilberto Pichetto.

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