Dazi e scontro nell'Opec tagliano i prezzi del barile

Il petrolio sotto quota 60 dollari dopo l'aumento della produzione. Trump vuole colpire i film esteri

Dazi e scontro nell'Opec tagliano i prezzi del barile
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L'Opec+, l'organizzazione allargata dei produttori di petrolio, scatena la guerra dei prezzi e abbatte il prezzo dell'oro nero sotto i 60 dollari innescando una serie di irreversibili conseguenze per l'industria e l'economia, quella americana in primis. Un fattore di grande incertezza che si aggiunge a una politica dei dazi che ogni giorno colpisce un nuovo settore: da ultimo, il cinema che non è made in Hollywood.

Con un calo di oltre tre punti percentuali, il petrolio è sceso ieri sotto quota 60 dollari (Brent 59,9 dollari al barile, Wti di 56,7 dollari) in un lunedì nerissimo per il settore, finito sotto scacco dopo che i produttori del cartello guidato dall'Arabia Saudita hanno deciso sabato di aumentare (a giugno) la produzione di altri 411.000 barili al giorno, a un mese dal rialzo di pari entità annunciato a sorpresa a partire da maggio. Una decisione che si inserisce in un contesto di prezzi già deboli: ad aprile i prezzi del petrolio hanno registrato la maggiore perdita mensile dal 2021 in scia ai dazi imposti dal presidente americano Donald Trump che hanno sollevato i timori di una recessione che rallenterà la domanda. La mossa dell'Opec+, che sta rapidamente aumentando l'offerta, arriva dunque definitivamente a scompaginare il delicato equilibrio tra domanda e offerta.

Anche per questo, Goldman Sachs ha previsto che i prezzi di Wti e Brent raggiungeranno nel corso dell'anno una media, rispettivamente, di 59 e 63 dollari al barile. E questo abbatterà gli investimenti in esplorazione e produzione. Secondo il Dallas Federal Reserve Energy Survey, i produttori di petrolio necessitano, in media, di 65 dollari al barile per perforare un nuovo pozzo in modo redditizio. Con il West Texas Intermediate (WTI) che si attesta intorno ai 55 dollari, gli incentivi a perforare sono sotto soglia. Alla faccia dell'atteso drill, baby drill dichiarato dal presidente Donald Trump. Inoltre, il numero di impianti di perforazione petrolifera negli Stati Uniti è già in calo a 479, dai 489 registrato all'inizio di aprile.

Una frenata, quella dell'industria petrolifera statunitense, che ha ripercussioni anche sull'approvvigionamento di gas naturale e a che a cascata rappresenta quindi una mina soprattutto alla luce dell'aumento dell'import di Gnl dagli Usa.

Alla luce del nuovo scenario, Ing ha rivisto al ribasso le previsioni sui prezzi portando il dato medio per il 2025 a 65 dollari al barile, in calo rispetto ai precedenti 70 dollari al barile.

Intanto prosegue la guerra dei dazi con gli Usa che avrebbero messo nel mirino l'industria cinematografica. Il condizionale è d'obbligo.

Se infatti prima Trump ha dichiarato che avrebbe applicato un nuovo dazio del 100% sui film prodotti all'estero, in serata la Casa Bianca ha detto che non sono state ancora prese decisioni «definitive». Alla notizia, Netflix, Disney, Warner Bros, Discovery e Paramount hanno perso in Borsa diversi punti percentuali per poi muoversi in ordine sparso.

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