Debito fuori controllo

L’idea che il debito italia­no si possa attaccare con l’aumento delle tasse è fol­le

Debito fuori controllo

Il debito pubblico è una cosa seria. Solo Rea­gan­ci seppe scherzare sostenendo che quel­lo americano era talmente grande da badare a se stesso. Ieri abbiamo superato la soglia dei 2mila miliardi. Un record del governo Monti. Ma non conviene fare i guasconi. Anche durante l’ese­cutivo Berlusconi era cresciuto. Il debito, infatti, si accumula per gli errori commessi nel passato. La pessima legge che introdusse le Regioni, gli allegri privilegi previsti dal nostro vecchio sistema pensio­nistico, comportano costi decisi ieri, ma pagati og­gi. Il debito pubblico ha un effetto trascinamento che per i cittadini si traduce in«diritti acquisiti». È la fotografia dell’irresponsabilità della politica. Oggi ti offro un pasto, il cui conto lo esigerà qualcun al­tro.

Bisogna però fare alcune puntualizzazioni. Ai quasi 80 miliardi di debito creati dalla gestione Monti corrispondono decine di miliardi di maggio­ri imposte che il medesimo governo ha prelevato dalle tasche dei cittadini. L’idea che il debito italia­no si possa attaccare con l’aumento delle tasse è fol­le. Semmai una loro riduzione, stimolando consu­mi e produzione, faciliterebbe la crescita del Pil e, dunque, la riduzione del perverso rapporto tra de­bito e ricchezza. Nel futuro godremo dei vantaggi della riforma pensionistica realizzata dalla Forne­ro. Il rischio è che però vengano compromessi dalla riduzione dell’occupazione e dunque delle entrate dello Stato. Per farla breve, il debito si riduce di più tagliando le imposte piuttosto che aumentandole. E ovviamente riformando in modo permanente le leggi di spesa ereditate dal passato.

Infine, come scrive all’interno Antonio Signori­ni, il governo Monti è parso più interessato a com­piacere Bruxelles che gli artigiani di casa nostra.

Ha anticipato una rata miliardaria per il Fondo salva Stati che- paradosso dei paradossi- finirà ad Atene proprio per pagare i suoi creditori privati. Perché tanta solerzia non è stata usata per i numerosi credi­tori della nostra pubblica amministrazione?

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