Debito pubblico in aumento a gennaio, frena l'inflazione

L'aumento arriva nonostante siano aumentate anche le entrate tributarie di 4 miliardi di euro

Debito pubblico in aumento a gennaio, frena l'inflazione

Circa 34,2 miliardi di euro di aumento del debito pubblico nel primo mese del 2020, arrivando così a 2.442,5 miliardi complessivi che pesano come un macigno sulle casse dello Stato, sull'economia e sui contribuenti.

Secondo gli ultimi dati di Banca d'Italia, difatti, a gennaio si è registrato un aumento del debito nonostante ad aumentare siano state, di circa il 4,1%, anche le entrate tributarie. Secondo il rapporto "Finanza pubblica, fabbisogno e reddito" di BankItalia, la ripartizione del debito per settore delle amministrazioni pubbliche arriva a circa 32,2 miliardi per le amministrazioni centrali ammonta a 2 miliardi per quello delle amministrazioni locali. Resta stabile, invece, il debito degli Enti di previdenza. Tutto ciò nonostante a gennaio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato siano state di 35,9 miliardi, in aumento del 4,1% (1,4 miliardi) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

Diminuisce a febbraio, invece, l'inflazione. Secondo l'Istat, difatti, l'indice nazionale dei prezzi al consumo è diminuita dello 0,1% su base mensile anche se risulta in aumento dello 0,3% su base annua (con una diminuzione dello 0,1% rispetto alla stima preliminare che era al +0,4%). Il rallentamento dell'inflazione è imputabile prevalentemente alla dinamica dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (la cui crescita passa da +3,2% a +1,2%), dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,6% a +1,5%) e, in misura minore, dei Tabacchi (da +2,9% a +1,5%) e dei Beni alimentari non lavorati (da +0,8% a +0,1%); tali andamenti sono stati solo in minima parte compensati dal ridursi dell'ampiezza della flessione dei prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni (da -5,2% a -2,8%).

"L'inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici rallentano entrambe di un decimo di punto (da +0,8% del mese precedente a +0,7%). Il calo congiunturale dell'indice generale è dovuto principalmente dalla diminuzione dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-1,4%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-0,8%), solo in parte bilanciata dall'aumento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (+0,6%). "Sono le componenti più volatili (Beni energetici non regolamentati e Beni alimentari non lavorati cui si aggiungono i Servizi relativi ai trasporti) a spiegare la decelerazione registrata a febbraio dall'inflazione, che quindi si conferma debole - commenta l'Istat. La crescita dei prezzi della componente di fondo è infatti più che doppia di quella riferita all'intero paniere, mentre i Beni energetici regolamentati, che registrano per l'ottavo mese consecutivo una flessione tendenziale ampia, si confermano come la componente merceologica che contribuisce di più a frenare l'inflazione nel nostro Paese".

"La frenata dell'inflazione a febbraio è un segnale pericolosissimo per l'economia italiana, soprattutto alla luce dell'emergenza coronavirus e degli effetti che la crisi avrà sul Paese". Lo afferma il Codacons in una nota, commentando i dati diffusi oggi dall'Istat. "L'inflazione allo 0,3% non è affatto una buona notizia, a differenza di quanto sostengono in modo sconsiderato alcune associazioni, soprattutto se si considerano le ripercussioni dell'emergenza in corso sui consumi delle famiglie, che rischiano di crollare fino al -3% con una minore spesa per 21 miliardi di euro nel 2020", commenta il presidente Carlo Rienzi. "Allo stato attuale - prosegue - con un aumento dei prezzi a febbraio del +0,3%, la famiglia 'tipò subisce un aggravio di spesa di appena +93 euro su base annua, mentre un nucleo con due figli spende +122 euro rispetto allo scorso anno".

Il Codacons sottolinea inoltre "le enormi differenze a livello territoriale sul fronte dell'inflazione: il Trentino Alto Adige si conferma la regione dove i prezzi corrono di più, con un tasso al +1,1% che determina una maggiore spesa di +291 euro a famiglia su base annua; sul versante opposto sono in deflazione Lazio, Basilicata e Valle d'Aosta, con quest'ultima che registra una inflazione al -0,4%, con un risparmio annuo di ben 116 euro a famiglia - conclude l'associazione".

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