Da un anno a questa parte, in vista di un grande Salone dell'auto, per Volkswagen si parla più di «Dieselgate» che dei piani futuri. Il 18 settembre 2015 la vicenda è deflagrata negli Usa, per varcare subito dopo gli Oceani, in pieno Salone di Francoforte. «Stiamo reinventando il gruppo più importante in Europa. Ed è solo l'inizio...», chiosò l'allora ad Martin Winterkorn alla maestosa «Volkswagen Group Night». Alle sue dimissioni, arrivate pochi giorni dopo, è seguita la decisione, prima dell'appuntamento con Ginevra 2016, di mandare in soffitta l'annuale esibizione, davanti ai media di tutto il mondo, della grande potenza di fuoco del gruppo. «Più sobrietà», così Matthias Müller, succeduto nel frattempo a Winterkorn, ha spiegato il nuovo corso.
Sono seguite le scuse del nuovo ad agli americani alla vigilia dell'Auto Show di Detroit, in gennaio («prometto un impegno totale a rimettere le cose a posto; la cosa più importante nel 2016 sarà riparare la nostra credibilità»); e l'auspicio, espresso a Ginevra in marzo, che «nel 2016 risolveremo il problema dei nostri diesel per i clienti e getteremo le basi per il nostro futuro». Il nuovo piano d'azione (Together Strategy 2025) è stato presentato a giugno (investimenti per diversi miliardi in un progetto di elettrificazione unico nel settore, nella guida autonoma, nella digitalizzazione e in servizi di mobilità) ma ora, alla vigilia del Salone di Parigi, il «Dieselgate», è tornato prepotentemente alla ribalta. Dopo un anno il caso è tutt'altro che chiuso.
Accantonati 16,2 miliardi e chiuso il conto negli Usa con un assegno da 15,3 miliardi, per Volkswagen si è aperto il fronte europeo, soprattutto tedesco: 1.400 investitori hanno fatto ricorso al tribunale di Braunschweig, competente per la Bassa Sassonia, chiedendo di essere risarciti per circa 8,2 miliardi in quanto parti lese nello scandalo delle centraline truccate. Circa 2 miliardi sono richiesti da investitori istituzionali, mentre il resto proviene da privati. Le richieste di indennizzo hanno registrato un'accelerazione proprio in questi giorni. Tra i più arrabbiati ci sono il fondo BlackRock che, con altri investitori, ha chiesto 1,5 miliardi, nonché i Länder di Baviera, Baden-Württemberg e Assia (da 700mila a 4 miliardi).
In Europa, intanto, i modelli coinvolti nel «Dieselgate» già richiamati e riparati sono meno del 10% su circa 8,5 milioni. A essere interessate sono 5 milioni di Volkswagen, 2,1 milioni di Audi, 1,2 milioni di Skoda e 700mila Seat, mentre il resto riguarda i furgoni.
Da parte sua il commissario Ue alla Tutela del consumatore, Vera Jourova, ha affermato che «in molti Stati membri Volkswagen ha chiaramente infranto la normativa sulla tutela dei consumatori». «Sto lavorando - ha aggiunto - per garantire che i consumatori Ue siano trattati in modo equo. Il gruppo si è comunque impegnato a risolvere tutti i problemi entro l'autunno 2017».
Secondo alcuni analisti tedeschi il conto finale per il gruppo potrebbe lievitare fino a 35 miliardi, mentre il management guarda con attenzione (e timore) alle possibili rivelazioni che l'ingegnere «pentito» James Robert Liang sarebbe disposto a fare alle autorità Usa. Alcuni testimoni, riportano i media tedeschi, avrebbero messo nel mirino l'ad di Audi, Rupert Stadler: sarebbe stato a conoscenza degli interventi sulle centraline. I colpi di scena continuano.
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