Due processi che andranno ad aggiungersi a quello in corso a Torino: il 2014 di Salvatore Ligresti si avvia sempre di più a diventare un defatigante percorso a ostacoli giudiziario, in cui vengono al pettine - un po' alla rinfusa, a dire il vero - le malefatte che secondo le Procure avrebbero accompagnato il crepuscolo dell'ingegnere di Paternò. Ieri il pubblico ministero milanese Luigi Orsi ha chiesto il rinvio a giudizio di Ligresti a chiusura dei fascicoli di indagine per aggiotaggio, relativo alle manovre sui titoli Premafin, e per la corruzione dell'ex numero uno di Isvap, Giancarlo Giannini. Per il primo capo d'accusa è già stata fissata anche l'udienza preliminare: Ligresti dovrà comparire il 22 marzo davanti al gip. E in quella sede l'Ingegnere dovrà valutare se cercare di limitare i danni chiedendo patteggiamento o rito abbreviato. Una scelta che, di fronte alla mole di elementi d'accusa raccolti in questi mesi dalla Procura, potrebbe essere la via d'uscita meno traumatica.
Non è la chiusura totale delle indagini sul crac Ligresti: restano aperta quella che vede indagato insieme all'Ingegnere anche Alberto Nagel, ad di Mediobanca, nata dal ritrovamento del famoso «papello» con gli accordi sotterranei sulle manovre per salvare l'impero ligrestiano; e rimane aperta anche l'indagine per bancarotta fraudolenta che non vede indagato personalmente Ligresti ma tutti i componenti dei board di Imco e Sinergia, i due contenitori del gruppo, ai tempi dell'operazione Cerba. Quest'ultimo è il troncone potenzialmente più esplosivo, non solo perché è probabile che per le operazioni di rifinanziamento del gruppo quando era ormai decotto venga portato sul banco degli indagati anche Unicredit, ma anche perché in questi mesi Orsi sta continuando a scavare a ritroso per individuare responsabili e complici delle operazioni che negli anni precedenti portarono al dissesto di Premafin. È nell'approccio investigativo su quelle vicende che le procure di Torino e Milano hanno dimostrato finora le distanze maggiori.
Con la chiusura dei filoni per aggiotaggio e corruzione, intanto, la procura milanese comincia a tirare le somme. L'accusa di aggiotaggio si riferisce agli acquisti di azioni Premafin effettuati tra il novembre 2009 e il settembre 2010 da due trust con sede alle Bahamas, che operavano per conto di Ligresti per tenere alto il titolo. Nella richiesta di rinvio a giudizio compaiono insieme a Ligresti Giancarlo De Filippo, individuato come gestore dei fondi, e Niccolò Lucchini, che avrebbe realizzato le movimentazioni dei titoli Premafin.
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