L'Europa ha vissuto una giornata sotto i riflettori. Prima il monito del Fmi: la ripresa è decollata ma non è «robusta o abbastanza forte» e l'area euro rischia la stagnazione. Tanto che il Fondo monetario Internazionale ha tagliato all'1,1% (dall'1,2% previsto nel World Economic Outlook di primavera) le stime sul Pil di Eurolandia nel 2014, confermando all'1,5% l'espansione attesa nel 2015. Nelle stesse ore, è uscito il deludente dato sulla produzione industriale a maggio: nell'area euro e nella Ue a 28 è scesa dell'1,1% rispetto al mese precedente, secondo i dati Eurostat. Non si salvano neppure le maggiori economie: Germania -1,4%, Francia -1,3%, mentre l'Italia si «limita» a -1,2%.
Da qui, il pressing sulla Bce: il Fmi plaude al bazooka impugnato dal presidente Mario Draghi. Stimando un'inflazione sotto il 2% almeno fino al 2019, il Fondo invita l'Eurotower a considerare un piano di larga scala di acquisto di asset se i prezzi resteranno troppo bassi. Ma avverte: il quantitative easing non è una panacea e non è un sostituto delle riforme strutturali, può però spingere l'inflazione aumentando i consumi e gli investimenti nell'area euro. Uno dei rischi per l'area euro è proprio la deflazione, che va evitata perchè mette in pericolo la ripresa sulla quale pesano rischi interni e esterni, fra cui il ritiro delle politiche non convenzionali negli Stati Uniti.
Ma le Borse reagiscono bene e chiudono tutte in rialzo - la migliore è Francoforte (+1,21%), seguita da Londra e Parigi, meno brillante Milano (+0,4%) -, aspettando fiduciose il discorso che il presidente della Bce pronuncerà al Parlamento europeo. E in serata arrivano le risposte, inequivocabili, di Mario Draghi: «Siamo pronti a intervenire, se necessario, per affrontare i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione. Questo potrebbe anche includere l'uso di strumenti non convenzionali». L'inflazione dovrebbe comunque tornare a salire «in modo graduale dal 2015/2016». E nell'area euro «l'attuale moderata ripresa è destinata a continuare». La domanda interna, spiega il presidente della Bce, continuerà a sostenere la crescita grazie alla politica monetaria accomodante e al miglioramento delle condizioni finanziarie. Ma intanto «terremo i tassi bassi a lungo», ribadisce Draghi: «non appena la ripresa avrà un maggiore slancio, i tassi torneranno a salire». Una risposta indiretta, ma chiarissima, agli ammonimenti di Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, che non perde occasione per affermare di giudicare troppo bassi i tassi d'interesse fissati dall'Eurotower. E tanto per parlar chiaro, «alla Bce ci sono e ci resto - afferma Draghi - , altre ipotesi sono chiacchiere infondate». Anche per il numero uno dell'Eurotower, come per il Fmi, l'Europa ha bisogno di «riforme strutturali», e su questo Draghi sprona il suo cavallo di battaglia: «serve una governance comune, perchè i loro risultati non sono solo nell'interesse dei singoli Paesi», conclude.
Intanto, il Consiglio Ue mette un altro mattone nell'edificio dell'Unione bancaria,con l'adozione in via definitiva del regolamento che istituisce il meccanismo unico di risoluzione delle banche in fallimento.
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