Colossi dell'auto alla ricerca di un antidoto capace di attenuare gli effetti della crisi che affligge l'Europa. Il crollo delle vendite nel Vecchio continente (-7% il dato di luglio) oltre a pesare sui bilanci delle società mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro.
Alan Mulally, il numero uno della Ford, ha così deciso di chiamare a raccolta, giovedì prossimo ad Amsterdam, manager dei vari Paesi, rappresentanti dei concessionari e principali media, per illustrare la sua ricetta anti-crisi e cancellare l'incubo della chiusura di stabilimenti. Anche Ford, come Fiat e altri costruttori, in Europa soffre il problema della mancata saturazione delle sue fabbriche.
Gli impianti del Vecchio continente viaggiano poco oltre il 60% della capacità produttiva e gli anelli deboli sarebbero i siti di Genk (Belgio) e Southampton (Regno Unito).
Mulally, a questo punto, vuole giocare d'anticipo sui concorrenti (l'amico Sergio Marchionne scoprirà ufficialmente le carte il 30 ottobre, con l'aggiornamento del piano Fiat-Chrysler per l'Europa) e c'è da aspettarsi un ulteriore rafforzamento del programma unico di produzione globale che punta a migliorare l'efficienza operativa ed è basato su una maggiore flessibilità (tema caro a Marchionne) ed efficienza degli investimenti. Oltre a presentare la gamma di modelli che dovrebbe contribuire alla ripresa del gruppo in Europa (le stime vedono, per il 2012, una perdita di 1,1 miliardi di dollari), da Mulally si attende l'impulso decisivo in direzione dello slogan «One Ford», il modello prodotto allo stesso modo e con la medesima linea in ogni angolo del pianeta. E i risultati ottenuti dalla Focus, il modello più venduto al mondo nel primo semestre, davanti a Toyota Corolla e Volkswagen Golf, danno forza alla scommessa di Mulally. Giovedì il top manager spiegherà nei dettagli la strategia che potrebbe rilanciare la struttura produttiva, portandola alla progressiva saturazione in Europa, dare respiro ai conti e aprire la strada al gruppo verso l'obiettivo di vendere complessivamente 8 milioni di veicoli entro la metà del decennio.
Anche Marchionne ha le sue gatte da pelare. E come presidente di turno dell'Acea ha posto, in cima alle priorità, proprio il problema della capacità in eccesso. Con la domanda di auto ai livelli attuali, uno stabilimento Fiat potrebbe seguire il destino di Termini Imerese (il nodo sarà sciolto a fine ottobre), e senza un rapido e più volte sollecitato intervento dell'Ue a sostegno dell'industria automobilistica impegnata a ridurre l'eccesso di capacità, e contro gli squilibri ancora esistenti con alcuni costruttori asiatici, la situazione non potrà che aggravarsi. Segnali, in questo senso, sono già arrivati dal gruppo Psa Peugeot Citroën che ha annunciato 8mila tagli e la chiusura, dal 2014, della storica fabbrica parigina di Aulnay. C'è poi la tedesca Opel che, per evitare decisioni traumatiche, guarda alla Russia come salvagente e lancia la sfida sulle vetture low cost.
Lo scenario davanti agli occhi di Mulally e Marchionne è decisamente brutto: secondo gli esperti di AlixPartners solo nel 2020 il mercato europeo potrebbe tornare ai livelli pre-crisi. Giovedì prossimo Mulally estrarrà il coniglio dal suo cilindro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.