
Telecom Italia sta attraversando la fase più difficile della sua storia recente. Lo scorporo della rete è in stand by, le trattative per un consolidamento del business mobile in Italia sono ferme, le pressioni dell'Authority per le Tlc sulle tariffe di accesso al network (l'unbundling del local loop) costringono il presidente Franco Bernabè e l'ad Marco Patuano a uno slalom.
Questo scenario, già di per sé pieno di asperità, da ieri è ancora più complicato. Vodafone Italia, infatti, ha avviato un'azione civile contro Telecom chiedendo danni per un miliardo di euro. La causa è stata intentata in seguito alla multa da 104 milioni di euro per abuso di posizione dominante, comminata dall'Antitrust (e sulla quale pende un ricorso al Tar). Secondo il gruppo guidato da Vittorio Colao, l'ex monopolista, tra il 2008 e il 2013, avrebbe impedito «la crescita della concorrenza nel mercato della linea fissa in Italia». L'atto di citazione di Vodafone contiene riferimenti sia a un presunto ostacolo nell'accesso all'infrastruttura sia a presunte politiche commerciali scorrette. Telecom è convinta di «riuscire a dimostrare, nelle sedi competenti, l'assoluta correttezza dei propri comportamenti» denunciando l'iniziativa di Vodafone come «pretestuosa». In passato, richieste simili del gruppo britannico si sono risolte con un nulla di fatto.
La questione, tuttavia, riporta all'attualità il taglio delle tariffe di accesso alla rete (da 9,28 a 8,68 euro) proposto dall'Agcom a luglio e attualmente sub iudice presso la Commissione Ue che deve valutare se l'abbassamento dei prezzi sia compatibile con lo sviluppo delle reti di nuova generazione che richiedono investimenti ingenti.
Una diatriba che ha reso più accidentato anche il percorso per lo scorporo della rete fissa. Non solo, infatti, non è ancora chiaro se si opterà per lo spin-off della sola dorsale (l'ipotesi più probabile), ma è chiaro che un calo dei prezzi dell'unbundling abbasserebbe la valutazione dell'asset (Telecom lo stima tra i 12 e i 15 miliardi di euro). Di qui la cautela della Cdp e degli altri interessati.
Lo scorporo della rete è il mezzo più facile che consentirebbe un repentino abbattimento del debito, risalito sopra i 28 miliardi. Nel frattempo, come indicato dal direttore finanziario Piergiorgio Peluso, ci si concentrerà anche su operazioni straordinarie come la dismissione degli immobili di pregio e - extrema ratio - la cessione di TiMedia in cui sono rimaste le frequenze televisive (che possono valere fino a 200 milioni). Su un punto Bernabè è stato chiaro: «Nessun aumento di capitale e nessuna cessione di Tim Brasil».
Telecom è controllata al 22,4% dalla holding Telco (partecipata da Telefónica, Generali, Intesa e Mediobanca) il cui patto di sindacato scade a marzo. Alcuni soci, a partire da Piazzetta Cuccia, intendono disimpegnarsi.
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