Un piano di investimenti da 8 miliardi di dollari (6 miliardi di euro) per lo sviluppo di produzioni esistenti e nuove attività esplorative in Libia nei prossimi 10 anni. Questo il tema dell'incontro di ieri a Tripoli tra l'ad di Eni, Paolo Scaroni, il primo ministro libico Ali Zidan e il ministro del Petrolio, Abdellari al Arusi.
Il vertice è stato anche occasione per discutere del memorandum of understanding per le attività sociali da circa 400 milioni di dollari che sarà finalizzato nelle prossime settimane. L'obiettivo comune di Eni e della Libia è firmare il memorandum nel corso della visita del premier Ali Zidan a Roma, prevista a fine gennaio 2013. Il primo ministro libico ha infine chiesto a Eni la disponibilità a sviluppare nuove attività nel downstream (vendita e distribuzione; ndr) insieme alla nuova filiale della National Oil Corporation, il gruppo petrolifero locale, che si stabilirà a Bengasi.
Eni è presente in Libia dal 1959 ed è il primo operatore internazionale di idrocarburi con circa un terzo della produzione totale del Paese. Il ritorno alla normale attività in Libia da parte dell'Eni era stato segnato un paio di settimane fa con la ripresa dell'esplorazione onshore, vale a dire su terraferma, con la perforazione del pozzo esplorativo A1-108/4 situato nel bacino di Sirte, a circa 300 chilometri a sud di Bengasi. La produzione in Libia era invece ripresa già a settembre scorso e il livello raggiunto è ormai pari a 240mila barili al giorno, contro i 270mila del periodo pre-rivoluzione anti Gheddafi.
Sempre ieri Eni è stata al centro della punta di Report, il programma di inchieste di Rai3 che ha messo in questione i contratti take or pay nel settore gas. Tra i vari argomenti della trasmissione anche le retribuzioni dell'ad Paolo Scaroni che, secondo gli autori, sarebbero raddoppiate dal 2006 al 2011 «senza che l'autorità che vigila sui mercati abbia avuto qualcosa da ridire».
Eni, la Libia vale sei miliardi di investimenti
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