Tassi a zero, Fintech e postumi della crisi finanziaria cui si aggiungeranno presto anche gli effetti del consolidamento europeo. È una sorta di tempesta perfetta quella che si sta abbattendo sul sistema bancario, non solo italiano ma europeo, che deve trovare un nuovo centro di gravità permanente. Le voci sui 10mila esuberi predisposti nel nuovo piano che Unicredit presenterà a dicembre sono la conferma di una ristrutturazione permanente del settore del credito a livello globale o il sacrificio necessario per adeguarsi alle nuove regole del gioco?
Secondo Raffaele Oriani, associate Dean alla Luiss Business School e ordinario di Finanza, «il settore bancario è cambiato nell'ultimo decennio per tre ragioni principali. La prima è legata alla crisi finanziaria del 2008 che ha modificato la propensione al rischio degli investitori rivoluzionando settori come quello della finanza strutturata. La seconda è la svolta Fintech, che ha rivoluzionato il ruolo della rete distributiva: è cambiata l'interfaccia tra il cliente e la banca. La filiale serve ancora per acquisire clienti, ma, dopo, tutto viene gestito altrove, online: serve quindi un nuovo tipo di personale operativo e questo business model non è stato ancora del tutto digerito». La terza ragione, secondo Oriani, riguarda i bassi tassi d'interesse, che erodono implacabilmente i margini di intermediazione, riducendo le possibilità per una banca di lavorare bene sul fronte dei ricavi. Il risultato è che «la gestione del personale operativo del front desk non può non passare dall'efficientamento della rete distributiva».
Il caso di Unicredit non e' dunque isolato, anzi. È una tendenza globale che si consolida. Bisognerà capire quanto sarà drammatica. Perché «una cosa è rinunciare alle assunzioni in cambio di prepensionamenti, un altro è procedere con tagli drastici come è avvenuto in Deutsche Bank dove un numero consistente del personale in esubero non verrà ricollocato», prosegue Oriani.
Ai tagli strutturali presto si potrebbero inoltre aggiungere anche le razionalizzazioni degli organici frutto del necessario consolidamento bancario che ancora stenta a partire. «Big come Unicredit e Intesa sono già in grado di competere a livello europeo; il vero impatto delle aggregazioni e delle conseguenti riorganizzazioni interne riguarderà le banche di medie e piccole dimensioni», sottolinea l'esperto della Luiss. Come se ne esce? «Comparti come il private banking e il wealth management offrono servizi ad alto valore aggiunto richiedendo elevate competenze specialistiche, mentre il profilo professionale di impiegato di rete per attività a basso valore aggiunto è destinato a scomparire: per queste funzioni si va verso una progressiva automazione di tutte le operazioni. Servono quindi riqualificazioni professionali e soprattutto nuove competenze e ibridazioni con altre discipline: penso all'analisi dei dati e alle opportunità dell'intelligenza artificiale».
Le sfide del futuro si giocano a monte, ovvero sul campo della formazione: «Alla Luiss Business School abbiamo programmi e master focalizzati su questi temi, laboratori di data management e digital skills.
L'obiettivo - conclude Oriani - è formare ragazzi che siano al tempo stesso specialisti dell'analisi dei dati ed esperti nella comprensione del business. Quello è il profilo perfetto, qualcuno che capisca i dati e li usi per risolvere i problemi».
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