La tensione nelle filiali delle quattro banche «salvate» dal decreto del governo Renzi resta alta. A Ferrara la Federconsumatori ha inviato la convocazione dell'assemblea degli azionisti e obbligazionisti «azzerati» di Carife anche alla Digos. Ad Arezzo, di fronte alla sede di Banca Etruria, nella notte è stato appeso uno striscione con frasi minacciose. Reazioni comprensibili di chi in 24 ore ha visto sfumare i risparmi di una vita. Le stime approssimative parlano di oltre 130mila persone. Fra queste, molti sono anche piccoli imprenditori e artigiani che hanno fatto investimenti rischiosi per evitare conseguenze peggiori. Come Roberta Crescentini, consigliera comunale di un paese della provincia di Pesaro - «feudo» di Banca Marche - che ai quotidiani locali ha raccontato di essere stata invitata a comprare le azioni dell'istituto per avere più in fretta il rinnovo del fido. Per evitare un eventuale ritardo che avrebbe bloccato l'operatività della sua azienda ha accettato la sottoscrizione di un pacchetto di azioni. Che oggi ha perso. Le storie sono tante, moltissime le telefonate che arrivano al Giornale per chiedere cosa fare per riavere i soldi perduti. Meglio unire le forze con altri azionisti e obbligazionisti subordinati che sono rimasti intrappolati, con cause collettive o class action. Un'altra strada, quella avviata dai sindacati dell'Etruria, potrebbe essere quella di chiedere un emendamento per consentire un recupero, almeno parziale, del capitale investito in obbligazioni subordinate, magari attraverso eventuali plusvalenze da maggiore realizzo dei crediti deteriorati che saranno conferiti alle singole bad bank. Al danno per gli azionisti e obbligazionisti subordinati delle quattro banche «malate», intanto, rischia di aggiungersi la beffa: i titolari dei 788 milioni di bond subordinati che sono stati azzerati nella procedura di risoluzione, secondo l'Aduc, si vedranno addebitare sui loro conti qualche centinaia di migliaia di euro di imposte di bollo nonostante abbiano perso tutto. Si tratta di una tassa che colpisce i risparmiatori privati e non gli istituzionali. Non solo. Sempre secondo l'associazione dei consumatori, gli obbligazionisti non possono utilizzare il credito di imposta del 26% sulla minusvalenza ai fini del capital gain, perché si tratta di un azzeramento e non di una cessione a titolo oneroso.
Mentre i risparmiatori piangono, le grandi banche festeggiano il superamento degli esami degli Srep (le valutazioni prudenziali dei presidi sui rischi) messi a punto dalla Bce. Le uniche formalmente bocciate sono Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ma sostanzialmente a un passo dalla promozione visto che hanno in cantiere gli aumenti di capitale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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