Politica economica

"Alla fine pagate alla romana". La balla social sulla flat tax

Un aneddoto sui social paragona la flat tax a un creatore sistemico di disuguaglianze. Ma non è così. Vediamo perché.

"Alla fine pagate alla romana". La balla social sulla flat tax

Su Twitter e Facebook negli ultimi giorni circola una metafora sulla proposta fiscale del centrodestra, la flat tax proposta da Silvio Berlusconi al 23% per i redditi delle persone fisiche. A mo' di battuta, da diversi account di sinistra è giunto fino ad essere ricondiviso da un uomo tutt'altro che impreparato sulle questioni di politica economica come l'ex segretario di Fim-Cisl Marco Bentivogli un aneddoto volto a indicare come diseguale e distorsiva la proposta del centrodestra: "Siete a un pranzo", si legge nel messaggio rapidamente diventato virale, "ci sono alcuni che mangiano aragosta, caviale e champagne a fiumi. Voi prendete una pizza. Alla fine si paga alla romana". E il "pagare alla romana", ovvero dividendo equamente il conto indipendentemente dal livello e dei costi dei consumi, è identificato con la flat tax.

La metafora in questione, per quanto originale, è fuorviante. In primo luogo, non si capisce perché con la flat tax, che indica la possibilità per un singolo di pagare le imposte a una quota fissa a prescindere dal proprio livello di reddito, le contribuzioni e i consumi altrui dovrebbero rientrare nel computo della propria erogazione fiscale. In secondo luogo, perché la dinamica descritta da questo aneddoto parla piuttosto di un contributo forfettario. Viene da pensare all'imposta di soggiorno delle località turistiche, che è uguale tanto per i bed and breakfast quanto per i resort di lusso in diverse regioni. La flat tax è ben diversa e, va ricordato, associarla unicamente alle disuguaglianze è una critica non centrata della proposta.

I critici della flat tax tendono a concentrarasi sulla sua incompatibilità con l'Articolo 53 della Costituzione Italiana, secondo cui "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". A detta di molti studiosi, insomma, la flat tax proposta dal centrodestra sarebbe addirittura incostituzionale, e sicuramente economicamente poco efficace. Va detto, in questo contesto, che però nel sistema italiano ad oggi una proposta di tassa "piatta" ad aliquota fissa esiste in diversi casi. Segnaliamo, tra questi, la cedolare secca al 10% utilizzata per gli affitti a canone concordato; la tassa al 12,5% sui guadagni e le plusvalenze da titoli pubblici; soprattutto, l'Imposta sul reddito degli esercizi societari (Ires), che è al 24,5%. In tutti questi casi, a ammorbidire il lato di rigidità legato alla fissità dell'aliquota concorre la definizione di barriere all'entrata precise o di sistemi di detrazioni e deduzioni.

Per la flat tax, ovviamente, vale lo stesso anche nel caso in cui si parli della proposta di tassa per le persone fisiche (in revisione delle aliquote Irpef): il combinato disposto tra una precisa definizione della area a tassazione nulla per i redditi inferiori, il sistema delle detrazioni portabili a carico e quello delle deduzioni (da rendere più agile e permissivo al diminuire del reddito) può contribuire al pieno rispetto dei criteri dell'Articolo 53. In politica fiscale, nulla è definibile a priori prima di vedere le norme concrete e le proposte politiche messe in campo dalle forze che si muovono in campo istituzionale. Certamente, aneddoti come quello rilanciato da Bentivogli inquinano il dibattito e mostrano una generale lacunosità nella conoscenza delle questioni fiscali da parte dell'opinione pubblica e di diversi esponenti di peso che animano il dibattito sull'economia e il lavoro. In fin dei conti, una flat tax sul reddito da lavoro dipendente con un sistema di "scivoli", deduzioni e esenzioni per i redditi inferiori può arrivare a prendere due piccioni con una fava: da un lato, abbassare il carico generale delle imposte sui redditi dei lavoratori; dall'altro, liberare risorse per spese, consumi, inestimenti dei privati. In combinato disposto con il taglio del cuneo fiscale, può creare un sistema virtuoso in cui cittadini e imprese sono meno gravati dal fisco e possono avere più risorse per far girare l'economia e contribuire alla crescita del Paese nel suo complesso. Ovvero ciò che spesso l'attuale sistema tributario impedisce di programmare.

E più crescita e più consumi significa, in ultima istanza, poter pensare alla fine a un gettito erariale complessivo più alto: un punto su cui molto spesso, a sinistra, ci si dimentica di riflettere nel dibattito sulla flat tax.

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