Economia

Faro della Procura su Pop Vicenza

Indagati il presidente Zonin e l'ex ad Sorato: l'accusa è di aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza

«Sono e resto un viticultore prestato alla finanza. Dovessi scegliere tra le due attività non avrei dubbi», ha detto una volta Gianni Zonin. Diplomato in enologia, laureato in giurisprudenza, imprenditore poi diventato banchiere. Nel mirino della procura non è finita la gestione delle vigne di famiglia ma quella degli sportelli della Popolare di Vicenza, che Zonin presiede dal 1996.

Su ordine del pm di Vicenza, Luigi Salvadori, ieri mattina sono infatti scattate le perquisizioni nella sede dell'istituto veneto e negli uffici direzionali di Milano, Roma e Palermo. Nell'inchiesta sarebbero indagati, oltre a Zonin, l'ex capo azienda Samuele Sorato e altre quattro persone, o forse sei. Le ipotesi di reato sono aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, che sarebbero stati commessi fino al dicembre 2014. Il procuratore capo di Vicenza Antonio Cappelleri ha spiegato che gli atti di indagine sono stati ritenuti «indispensabili per rendere compiuta la necessaria e doverosa ricerca di elementi probatori documentali» e per valutare «l'attribuzione delle responsabilità oggettive». L'inchiesta, che fa seguito all'ispezione compiuta dalla Bce, è stata aperta dopo aver ricevuto gli esposti presentati da alcuni correntisti. Sono diversi i punti da chiarire: uno, fondamentale, riguarda il valore delle azioni. Lo scorso aprile il cda di Popolare Vicenza, che non è quotata in Borsa, ha deciso di svalutarle del 23% circa. Gli inquirenti vogliono capirne il motivo e se c'è stata una sopravvalutazione prima, ad opera di chi e per quale motivo. Sotto questo aspetto l'attenzione riguarda anche il valore che le quote avevano al momento degli stress test della Bce. Di fronte al fatto che i test sarebbero stati passati «sul filo di lana», la Procura vuole verificare cosa sarebbe successo alla banca se le quote avessero avuto un valore più basso. Sullo sfondo, resta acceso anche il faro sui circa 975 milioni di euro di finanziamenti erogati dalla banca che sarebbero stati usati dai clienti per comprare azioni dello stesso istituto. Secondo l'ipotesi investigativa, la Popolare di Vicenza avrebbe dunque finanziato un quarto del suo stesso capitale azionario (circa 4 miliardi di euro), superando i limiti consentiti. L'obiettivo dei pm è inoltre quello di verificare le modalità con cui sono stati effettuati i finanziamenti e rispondere ad alcune domande: ci sono stati accordi tra esponenti della banca e clienti in modo da erogare prestiti a tassi molto agevolati in cambio di acquisti di quote della Popolare? Sono state fatte pressioni su clienti in difficoltà, perché in cambio del prestito questi si impegnassero a comprare azioni con una parte dei soldi ricevuti? La banca ha fatto acquistare azioni a terzi, che in realtà agivano per conto della stessa e con i suoi soldi? Domande che si sono posti anche i firmatari degli esposti finiti sul tavolo della Procura. Fra questi non c'è alcuna denuncia da parte di Bankitalia, anche se uno dei temi dell'indagine è valutare se ci sia stato un atteggiamento reticente da parte della Bpvi nei confronti delle ispezioni ricevute dagli organi di controllo, nazionali e internazionali. Mentre qualche maligno, a Roma, fa notare che il «bubbone» vicentino è scoppiato solo quando la vigilanza unica è passata nelle mani degli sceriffi di Francoforte.

Mentre i sindacati interni della banca sperano che «i disastri perpetrati dai vertici» non ricadano sui dipendenti, Zonin si è dimesso dai vertici dell'Abi, di cui faceva parte come membro del comitato esecutivo.

Le norme introdotte lo scorso anno nello statuto prevedono infatti la decadenza dagli incarichi in caso di provvedimenti restrittivi della libertà personale mentre una sospensione preventiva può essere presa per «casi gravissimi».

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