Fca, l'addio al diesel vale 3mila posti

Due gli stabilimenti interessati, i sindacati sono in allarme. Le ricadute su Marelli

Fca, l'addio al diesel vale 3mila posti

Il fatto che Fiat Chrysler Automobiles possa interrompere, nel 2022, il lungo feeling con le motorizzazioni diesel, non ha scosso più di tanto la Borsa. Anzi. Ieri mattina l'indiscrezione riportata con enfasi dal Financial Times ha portato le azioni Fca fino a quasi 18 euro, per poi retrocedere (-0,54%) e chiudere la giornata a quota 17,52 euro. Più che alle preoccupazioni che la notizia possa incidere negativamente sulle vendite, da ora in avanti, di veicoli a gasolio, gli analisti hanno piuttosto guardato ai risparmi di cui beneficerebbe Fca, visti i costi non indifferenti che le Case automobilistiche devono affrontare allo scopo di adeguare questi propulsori ai crescenti limiti sulle emissioni.

L'indiscrezione del quotidiano della City, né smentita né confermata dal Lingotto, viene anche interpretata come un importante segnale di svolta da parte del gruppo, alla pari degli altri Big, in direzione dei motori alternativi, come quelli ibridi ed elettrici, oltre alle consolidate unità a gas. Tutto, comunque, è rimandato all'Investor Day del prossimo 1 giugno, in programma a Balocco (Vercelli), quando l'ad Sergio Marchionne, a meno di un anno dall'uscita da Fca, svelerà piani e programmi che saranno portati avanti (magari con qualche ritocco) dal suo successore.

Nel mercato, però, cominciano ad affiorare incognite e qualche timore. «È necessario, a questo punto - commenta un analista - che Fca acceleri fin da subito gli investimenti su ibrido ed elettrico, cercando di mettersi il più possibile alla pari con i principali competitori che questa strada l'hanno imboccata da tempo». Mediobanca, da parte sua, ha confermato una valutazione outperform sul titolo: «Un più profondo impegno di Fca sulle nuove tecnologie - dice il report - era abbastanza atteso. Ma non siamo sicuri che il Lingotto sarà in grado di rimpiazzare l'ampia quantità di motori diesel venduti in Europa in meno di quattro anni».

I sindacati, come era prevedibile, guardano fin da ora alle fabbriche di Fca che producono motori diesel, a Cento, nel Ferrarese, e a Pratola Serra, in provincia di Avellino. E hanno sollecitato il gruppo a fare chiarezza. «La nostra priorità - puntualizza Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim Cisl - è la messa in sicurezza degli stabilimenti e dell'occupazione se ci saranno piani che porteranno verso l'uscita delle motorizzazioni diesel. Occorrono iniziative che riqualifichino le produzioni assegnando nuovi motori e nuove attività per salvaguardare occupazione e impianti». A essere interessati sono circa 3mila lavoratori. In allarme è pure Magneti Marelli, nonostante il business dei sistemi diesel non sia centrale. La società guidata da Pietro Gorlier produce sistemi per centraline e per lo scarico, oltre a vari componenti per i propulsori.

E i concessionari cosa dicono? «Dovremo adeguarci alla futura nuova offerta ibrida ed elettrica - afferma un dealer -; la domanda di auto diesel è comunque in calo e rappresenta, ora, il 30-40% rispetto al 55% del passato. Un colpo la ha dato anche il divieto di circolazione, in alcune città, esteso assurdamente ai motori a gasolio Euro6».

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