Il 2019 volge al termine e, per Fca, sarà l'ultimo anno nella dimensione attuale. Alla fine del 2020, dopo che Fca e Groupe Psa avranno definito tutti i passaggi dell'alleanza, il conto dei volumi sarà diverso. Intanto, secondo le prime stime di Fim-Cisl, alla fine del 2019, tra meno di un mese, gli stabilimenti italiani di Fca avranno prodotto circa 830mila veicoli, intorno a 100mila in meno rispetto al 2018. Con la fabbrica di Cassino, che produce i modelli Alfa Romeo, a registrare le maggiori criticità soprattutto a causa dell'andamento non positivo delle vendite nei mercati extra europei. Il dato stimato dal sindacato relativo a Fca per la fine dell'anno, risente ovviamente delle immatricolazioni generali di automobili in Italia: 1.768.884 unità complessive vendute da gennaio a novembre, cioè -0,6 per cento.
E anche se il mese scorso le consegne sono salite del 2,17% (a incidere l'apporto di veicoli a «Km 0», quelli che i concessionari si immatricolano per rivenderli con uno sconto e raggiungere così l'obiettivo mensile) nel settore, come sottolinea Gian Primo Quagliano (Centro studi Promotor), il morale è sotto i tacchi. «Eppure il risultato - commenta Quagliano - non tiene ancora conto del forte impatto negativo sulla domanda derivato dalla presentazione del disegno di legge finanziaria per il 2020, contenente ancora una volta misure vessatorie nei confronti dell'auto. In proposito, l'effetto è stato immediato sia sull'affluenza di potenziali visitatori nelle concessionarie sia sulla raccolta di ordini». Il Centro studi Promotor rileva anche come il clima di fiducia dei concessionari abbia subito, in novembre, una contrazione di 6 punti. Per i consumatori, invece, si parla di vero crollo.
Marco Bentivogli, leader Fim-Cisl, lancia intanto l'allarme sulle aziende della componentistica che per il 65% dipendono dalla domanda in arrivo dalla Germania, Paese dove i big dell'auto hanno appena annunciato tagli al personale determinati dalla svolta industriale verso l'elettrificazione. Ma a differenza del governo tedesco, che ha messo in campo 40 miliardi a favore della ricerca e dell'innovazione, e di quello francese che proprio in questi giorni ha deciso misure in aiuto alla filiera automotive visti anche i 15mila posti a rischio determinati dalla guerra al diesel, in Italia tutto tace. L'Eliseo ha annunciato aiuti per le aziende alle prese con la transizione verso l'elettrico e un fondo istituito dalla Banca per gli investimenti alla scopo di garantire finanziamenti agevolati.
«In Italia - afferma Bentivogli - non si vede una reazione da parte del governo, non esiste una politica industriale. E anche Fca ha risentito del calo della domanda generale e dell'accanimento contro il diesel». «Si naviga a vista - ribadisce Michele Crisci, presidente di Unrae - con una sequenza di provvedimenti scoordinati e incongruenti, privi di una visione d'insieme. Si attua una tecnica per tentativi che scatena solo il panico, per poi tornare sui propri passi». Per il 2020, avanti di questo passo, le preoccupazioni della filiera di un peggioramento della situazione sono forti.
A novembre, intanto, Fiat Chrysler Automobiles ha immatricolato il 4,3% in meno rispetto a un anno fa, con la quota mercato che è arretrata dal 24,23% al 22,7% (-10,08% negli undici mesi e quota dal 26,36% al
23,84%).Novembre di sofferenza anche per i futuri sposi di Mirafiori, cioè Groupe Psa: -9,11% (quota dal 15,17% al 13,5%), ma negli undici mesi +3,6% e penetrazione in leggera crescita: 15,81% rispetto al 15,18% del 2018.
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