Goldman Sachs, insieme a Nomura e alla francese D'Angelin, ha svolto il ruolo di advisor finanziario per conto di Fca nella trattativa che, tra la fine di maggio e il 6 giugno scorso, sarebbe dovuta sfociare nelle nozze con Renault. Tutto è poi saltato in quanto, come rimarcato dal presidente di Fca, John Elkann, «non c'erano le condizioni giuste». La stessa Goldman Sachs, a pochi giorni dall'intervista rilasciata da Elkann a La Stampa per i 120 anni di Fiat, esce con un report che, di botto, fa perdere alle azioni del Lingotto, sotto pressione per tutta la giornata, il 3,1% (12,18 euro).
Il mercato è stato scosso dalla raccomandazione negativa di Goldman Sachs con il consiglio di vendere e individuando, per il titolo Fca, un prezzo obiettivo di 11,5 euro, quindi inferiore agli attuali valori. Nell'intervista al quotidiano torinese, Elkann aveva mandato messaggi più che rassicuranti («La nostra società è forte come mai prima... e culturalmente pronta ad affrontare le sfide della nuova era»). Da parte sua, invece, l'analista della banca d'affari ha suonato il campanello d'allarme, in particolare sugli Usa, primo mercato per il Lingotto, e l'Europa. Negli ambienti finanziari c'è chi ha ipotizzato, vista la tempistica del report rispetto alle affermazioni di Elkann, una sorta di «dispetto».
Nello specifico, Goldman Sachs vede limitate possibilità di ulteriore crescita degli utili di Fca nel Nord America a causa della pressione sui prezzi e i volumi di vendite stimati in calo. Ci sono poi le complesse sfide in Europa, tra cui l'età media dei modelli, il fatto che gli investimenti annunciati richiedono tempo, un maggior deficit di conformità rispetto alla concorrenza dell'adeguamento alle norme sulle emissioni CO2, senza dimenticare l'incognita Brexit. E anche per il Vecchio Continente il rischio sta nella diminuzione delle consegne.
Insomma, un quadro a tinte fosche quello delineato dall'analista che si scontra con l'ottimismo palesato dal presidente Elkann. Il report guarda anche indietro negli anni e rammenta come, in passato, Fca aveva beneficiato di una gestione attiva a beneficio delle azioni. Viene infatti ricordato lo scorporo di Ferrari e il lungo e vano corteggiamento a Gm. Dopo la proficua cessione di Magneti Marelli, la banca americana ritiene che società come Comau e Teksid siano difficili da valutare. E sui marchi del gruppo, «è poco probabile - per Goldman Sachs - anche la vendita di Maserati e Alfa Romeo alla luce dei deboli volumi di mercato. Quanto a Jeep, è invece ormai troppo integrata e, in più, rappresenta oltre il 30% dei volumi di Fca».
L'analisi prende quindi in esame il tema del consolidamento, «che sarebbe auspicabile per il settore auto», anche se il recente stop alle trattative con Renault, nonché le indiscrezioni sul respinto approccio da parte di Psa, mettono in evidenza che esistono ostacoli contro le grandi fusioni e aggregazioni». Una ripresa dei negoziati con Renault? «La strada sembra in salita», il parere dell'allora advisor.
A questo punto, la banca d'affari vede in Fca un obiettivo interessante per un altro gruppo con un valore di Borsa attorno a 20 miliardi. Ma anche in questo caso l'operazione si profila difficile dal momento che la Casa Bianca ha già precisato che il settore auto è un comparto strategico sia per la ricerca sia per la sicurezza nazionale. E quindi fa intendere di voler avere parola in capitolo.
Lo stesso presidente Donald Trump ha
intanto mandato un tweet rebus, anticipando, senza fornire dettagli, che i produttori tedeschi di auto annunceranno presto attività negli Usa. Un rafforzamento dell'attuale presenza in scia all'intesa tra Ford e Volkswagen?
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