Politica economica

Fed pronta alla retromarcia sui tassi

Oggi atteso un rialzo da 0,25%. Ubs-Credit Suisse verso il taglio di un lavoratore su tre

Fed pronta alla retromarcia sui tassi

Le crisi di una parte del settore bancario Usa e le turbolenze innescate dal Credit Suisse prima del matrimonio coatto con Ubs hanno creato il terreno ideale per sciogliere i dubbi della Federal Reserve. Senza passare per pavido voltagabbana, Jerome Powell ha ora più di una pezza d'appoggio per trasformare in coriandoli l'intenzione, sbandierata appena due settimane fa davanti al Congresso, di aggredire alla gola l'inflazione con rialzi dei tassi più robusti del previsto. Salvo sorprese, Eccles Building si limiterà oggi ad aumentare il costo del denaro di un quarto di punto. Una maggioranza bulgara - oltre l'81% dei trader - dà per scontata la mini-stretta.

L'impressione, tuttavia, è che la riunione di marzo coinciderà con la fine degli irrigidimenti da parte della banca centrale Usa. Si va infatti coagulando un forte consenso attorno all'idea che la stagione dei tagli prenderà il via già all'inizio di maggio e che il costo del denaro, ora al 4,50-4,75%, calerà al 4% entro dicembre. A sorreggere questo inedito impianto di politica monetaria non è tanto l'idea che la Fed si sia arresa all'inflazione, quanto piuttosto la convinzione che le difficoltà in cui versa il sistema creditizio contribuiranno ad attenuare le pressioni sui prezzi, poiché porteranno a una minore concessione di prestiti soprattutto da parte delle banche minori.

Il rovescio della medaglia è che l'inasprimento delle condizioni finanziarie ha in genere ricadute negative sul mercato del lavoro e fa quindi aumentare le chance di una recessione. A soffrirne sarebbero anche i bilanci delle banche. Un altro motivo per cui l'amministrazione Biden pare decisa, se sarà necessario, a proteggere il sistema del credito con azioni drastiche come quelle di recente prese per Silicon Valley Bank e Signature Bank. Il segretario al Tesoro, Janet Yellen, pur rimarcando che «la situazione si sta stabilizzando» e che «il sistema bancario americano resta solido», ha detto ieri che «se le banche più piccole saranno oggetto di una fuga dei depositi che pone il rischio di contagio» tutti i depositi saranno assicurati. Bloomberg svela che la Casa Bianca starebbe accarezzando addirittura l'idea di garantire tutti i depositi bancari sopra i 250mila dollari. Ciò significherebbe mettere sotto protezione qualcosa come 18mila miliardi, una cifra pari al 75% del Pil americano.

La prospettiva di una Fed meno falco, le rassicurazioni venute dalla Yellen, nonché la barriera eretta dalla autorità svizzere ed europee dopo il salvataggio di Credit Suisse (+4,2%), hanno intanto tranquillizzato ieri i mercati, tutti in rialzo (+2,53% Milano). Nel mirino di Fitch per un possibile taglio del rating, Ubs (+11,3%) ha comunque visto la propria capitalizzazione salire in due giorni di oltre 5,5 miliardi di franchi. I mercati non solo considerano l'acquisto del Credit Suisse un ottimo affare, ma guardano anche con favore alle possibilità di uno sfoltimento di un terzo dei 120mila posti di lavoro del gruppo combinato. Non solo, Il governo svizzero ha «sospeso temporaneamente» i bonus differiti fino al 2022 per i dipendenti del Credit.

Il capo della vigilanza bancaria Bce, Andrea Enria, ha però messo tutti sull'avviso: benché i depositi nelle grandi banche Ue siano rimasti «molto stabili e ciò significa che i clienti hanno una forte fiducia», lo choc macroeconomico indotto dalla guerra non è terminato. «Se le spinte inflazionistiche dovessero persistere - ha spiegato - il necessario processo di serrata normalizzazione della politica monetaria potrebbe a sua volta incidere sui portafogli e sulle linee di business di specifiche banche».

Anche Standard&Poor's è cauta: i rischi di un contagio appaiono al momento «improbabili», ma «le turbolenze del mercato richiederanno del tempo per attenuarsi».

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