Fiat rialza la testa nel secondo trimestre e, al giro di boa del 2013, vede dimezzarsi le perdite in Europa e decollare il business in Asia, con il Nordamerica che resta il fil rouge del gruppo. I piccoli segnali di ripresa non bastano però al mercato, né al numero uno del gruppo Sergio Marchionne tornato ieri a gettare nuova benzina sulle difficili relazioni sindacali e industriali del Lingotto nel Paese: «Le condizioni industriali in Italia - ha detto Marchionne - rimangono impossibili e Fiat potrebbe produrre i nuovi modelli Alfa Romeo non in Italia, ma all'estero». Dichiarazioni incandescenti, che non hanno mancato di scatenare polemiche politiche, proprio alla vigilia di alcuni incontri chiave: oggi andrà in scena il nuovo tavolo di crisi su Termini Imerese, venerdì Marchionne incontrerà il leader della Fiom Maurizio Landini, ed entro il 10 agosto il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato.
A l di là delle tensioni italiane, con il via libera ai conti, ieri il titolo in Borsa ha mal digerito la revisione (al ribasso) degli obiettivi 2013 di Chrysler. Nonché l'allontanarsi di un accordo con il fondo Veba che dovrebbe portare Fiat a rilevarne il pacchetto di minoranza, sdoganando la fusione a stelle e strisce. «Fiat e Veba non sono vicine a un accordo», ha ammesso l'ad Sergio Marchionne spingendo di fatto al ribasso il titolo Fiat che, dopo essere stato sospeso, ha archiviato la seduta con un calo di oltre 4 punti percentuali in area 6 euro.
Guardando nel dettaglio ai conti, al giro di boa di metà anno il gruppo Fiat è stato trainato dai risultati del secondo trimestre. Il fatturato è infatti cresciuto di 22,3 miliardi (+4%), con un utile operativo di 1,05 miliardi (da 932 milioni) e un risultato netto di 435 milioni, rispetto ai 239 dell'anno scorso. Bene anche l'indebitamento netto che è passato dai 7,1 miliardi di marzo 2012 ai 6,7 miliardi attuali. Estendendo lo sguardo al primo semestre, l'utile netto è sceso a 466 milioni, da 501 milioni del 2012, ma il ribasso si spiega con la performance non buona del primo trimestre e il recupero avvenuto nel secondo. Che il gruppo sia comunque sulla strada giusta, con Chrysler, lo dimostrano i numeri che analizzano i conti del Lingotto senza la casa americana. Per Fiat (esclusa Chrysler) i dati sarebbero in perdita per 482 milioni, in calo di 42 milioni rispetto al primo semestre 2012.
Quanto alla futura «sposa» Chrysler, ha archiviato il periodo con un utile netto in rialzo del 16% a 507 milioni di dollari e ricavi a 18 miliardi (+7%). Per l'intero 2013, a causa dei ritardi nel lancio di alcuni modelli come il Jeep Cherokee, la casa di Detroit ha però rivisto il target di reddito operativo tra 3,3 e 3,8 miliardi di dollari, in calo rispetto all'obiettivo di 3,8 miliardi. Invariate invece le stime sui ricavi netti a 72-75 miliardi e il free cash flow a un miliardo, mentre la forchetta dell'utile netto è stata rivista tra 1,7 e 2,2 miliardi di dollari, da 2,2 miliardi. A livello di brand, è significativa la dinamica del business di Ferrari, che ha visto la conferma degli Stati Uniti come primo mercato con il 24% delle vendite totali.
Fiat fa i conti con i nodi di Chrysler
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