Alla vigilia dell'incontro con Marchionne, Monti mette le carte in tavola: «Ci ripromettiamo - ha detto il presidente del consiglio - di avere un quadro informativo aggiornato sugli intendimenti strategici del gruppo Fiat con particolare riguardo ai suoi impegni in Italia». Ovvero, quel piano industriale che l'ad del Lingotto non aveva invece intenzione di presentare prima del 30 ottobre, quando usciranno i conti del terzo trimestre. Troppo tempo, per il governo che alla Fiat vuole stare «col fiato sul collo», come ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini.
Il premier ha usato espressioni meno colorite, ma ha messo ben in chiaro che quello di domani sarà un incontro vero, «un significativo momento di dialogo», e non una formalità. E ha fatto anche capire che, se quello che Fiat vuole per rimanere in Italia è un aumento di produttività, il governo la sua parte la sta già facendo. «L'incontro - ha detto Mario Monti - avviene in un momento in cui il governo ha sollecitato le parti sociali ad impegnarsi ai fini del miglioramento della produttività anche per incrementare la competitività e dunque siamo impegnati nel quadro delle politiche per lo sviluppo e per la crescita non solo con i nuovi provvedimenti già adottati ma anche con il dialogo tra le parti su costo del lavoro e produttività. E per coincidenza temporale e anche logica avremo questo incontro di sabato, produttivo e spero significativo».
Sulla stessa linea, naturalmente, i ministri che parteciperanno all'incontro accanto al premier: Elsa Fornero (Welfare) ha detto di aspettarsi «un lavoro intenso» mentre Corrado Passera (Sviluppo) ricorda alla Fiat che «Non sta scritto da nessuna parte che in Europa non si può guadagnare costruendo automobili». Sull'incontro di domani sono naturalmente puntati anche gli occhi degli imprenditori italiani: anche se, dopo la riunione di giunta in Confindustria, pochi vogliono parlare della «grande assente». L'uscita del Lingotto da viale dell'Astronomia brucia ancora, e il presidente Giorgio Squinzi non lo dimentica: «Non posso parlare da presidente di Confindustria perchè la Fiat non è più una nostra iscritta - risponde ai giornalisti - ma da imprenditore e da cittadino italiano ritengo molto importante ci sia un colloquio: Fiat è un pezzo importante dell'industria manifatturiera italiana. Un grande Paese industriale non può non avere una grande industria automobilistica». Spezza, invece, una lancia a favore della Germania Fulvio Conti: «avendo degli stabilimenti che possono essere utilmente sfruttati per produrre vetture - dice l'ad di Enel - non vedo ragione perché non si debba in qualche modo favorire l'eventuale interessamento di Volkswagen a entrare nel nostro Paese a produrre macchine».
E mentre arriva l'annuncio di un nuovo o ricorso alla cassa integrazione negli stabilimenti di Melfi e Cassino, ma anche alla Sevel di Val di Sangro, dove si produce il Fiorino, finora unica fabbrica che ha continuato a lavorare a pieno ritmo, una nota positiva arriva dal mondo della componentistica: nel 2011, in piena crisi, le aziende del settore sono riuscite a chiudere l'anno con un fatturato in crescita del 3,5% a 41,8 miliardi, grazie all'export - 60% del totale- che ha supplito al taglio delle commesse Fiat.
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