Fusioni sì, con giudizio

La fusione BpmBanco Popolare è certo una buona notizia per il sistema bancario italiano. Un'aggregazione che va apprezzata anche, se non soprattutto, in chiave europea. Questa la doverosa premessa. Poi, è giusto fermarsi un attimo a ragionare. Di per sé la nascita del terzo polo bancario italiano, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, non assicura un deciso cambio di passo. Con la ripresa che non si vede, l'economia reale necessita una vicinanza virtuosa da parte del sistema creditizio. La drammatica situazione in cui versano importanti sigle del settore rischia di fare da tappo. È superfluo ricordare quante risorse in questi mesi hanno avuto come unica destinazione proprio i quartier generali delle banche dissestate. Questa pratica ha sicuramente distratto. Ragion per cui, la sfida che attende il nuovo gruppo è assai impegnativa: la trasformazione delle grandi banche cooperative in società per azioni, non deve in alcun modo far perdere di vista l'impegno concreto con i propri territori. Guai a volare alti in cerca di improbabili Eldorado! D'accordo conquistare la fiducia degli investitori esteri grazie alla maggiore redditività, ma tale passaggio non può avvenire a scapito del sostegno a famiglie e imprese. I vantaggi di una fusione devono essere tangibili e scanditi dalla velocità. Non è più il tempo di fusioni sulla carta.

Riduzione massiccia delle filiali e del personale (questione che va affrontata con spirito di collaborazione fra tutte le parti in un'ottica di riqualificazione e in quella fase lo Stato, cioè tutti noi, è chiamato a farsi carico delle necessarie garanzie) e concentrazione dei servizi devono caratterizzare il percorso di razionalizzazione del gruppo. Questo permetterebbe di misurarsi, in modo particolare, con le urgenze delle pmi. Sarebbe davvero un peccato per il Sistema Paese se tale aggregazione venisse meno alla sua missione naturale.

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