Generali tiene chiusa la porta per Carige E fa 1,2 miliardi di utile

Donnet: «Niente conversione, a Genova restiamo creditori. Mps? Non è strategica»

Cinzia Meoni

Generali sta completando la propria trasformazione industriale concentrata sul business assicurativo e con un occhio all'asset management, e intanto, è protagonista dei fascicoli più caldi dell'estate italiana. Il Leone di Trieste si prepara infatti a diventare secondo azionista di Mps in ottica, comunque, «opportunistica» come ha sottolineato l'ad Philippe Donnet nel corso della presentazione della semestrale superiore alle attese degli analisti, nel frattempo, ha quasi azzerato la partecipazione in Atlante nata, un anno fa, a supporto della banca senese e delle due ex popolari venete poi finite a Intesa. Allontanata infine l'ipotesi di conversione del bond Carige: «Siamo e restiamo creditori», ha sostenuto Donnet. Per quanto poi riguarda il triangolo con Mediobanca (azionista di riferimento del Leone di Trieste con il 13% del capitale) e Unicredit (che di Piazzetta Cuccia ha in mano l'8,6%), da sempre nel mirino del mercato, il manager ha tergiversato: «Mi risulta che le tre società siano tre aziende separate. Non vedo nessuna novità». L'ultima ipotesi circolata sul mercato riproponeva la tesi di uscita di Unicredit da Mediobanca che, a sua volta, avrebbe dimezzato la quota in Generali. Positiva la reazione della Borsa: il titolo Generali ha chiuso la seduta a 15,8 euro (+2,7%).

Tra gennaio e giugno il gruppo triestino ha registrato un utile netto di 1,2 miliardi (+3,7% rispetto un anno fa), una redditività (Roe) al 13,6%, premi per 36,6 miliardi (-0,8%) e una solidità patrimoniale (solvency ratio) al 188%). «I risultati, ottenuti in uno scenario sfidante e dominato da tassi di interesse rasoterra, confermano la solidità del business e l'efficace esecuzione della trasformazione del gruppo» ha spiegato il manager che ha confermato i target previsti dal piano 2015-18 (generazione di cassa operativa complessiva di 7 miliardi, cedole cumulative per 5 miliardi, Roe al 13% e un taglio costi di 200 milioni) attraverso azioni di ribilanciamento del portafoglio assicurativo nel segmento Vita con l'offerta di polizze meno sensibili al livello dei tassi di interesse e a minore assorbimento di capitale (ovvero unit linked e non più garantite); il focus sulla redditività tecnica nel segmento Danni e l'ottimizzazione della presenza internazionale.

«Il piano di uscita dai Paesi meno redditizi sta procedendo. Puntiamo a 13 cessioni per almeno un miliardo circa», ha commentato Donnet che ha poi concluso sottolineando come i proventi dalle cessioni siano investiti nel business per ottenere una maggiore redditività.

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