Google passa all'attacco contro Bruxelles che, per la prima volta, riconosceva la dittatura degli algoritmi di indicizzazione e l'influenza dei motori di ricerca nella guida ai consumi degli utenti. Forte del successo ottenuto da Intel, solo pochi giorni fa, alla Corte di Giustizia Ue, il colosso di Mountain View, a due settimane dalla scadenza dei termini, ha presentato ricorso contro la sanzione dei record da 2,43 miliardi inflitta dall'Antitrust europeo per abuso di posizione dominante e ne ha chiesto l'annullamento. Il ricorso non sospende automaticamente né l'ammenda né gli adempimenti richiesti dalla Commissione e, secondo indiscrezioni di mercato, quanto meno per ora, il gruppo guidato da Sundar Pichai, non ha presentato nessuna ingiunzione di emergenza per sospendere la decisione.
Il 27 giugno, dopo sette anni di indagini, la Commissione Ue aveva condannato Google alla multa più elevata mai comminata per motivi di Antitrust. In precedenza il record spettava a Intel, sanzionata nel 2009 per 1,06 miliardi, provvedimento contro cui il produttore di chip aveva fatto ricorso alla Corte lussemburghese, vincendolo, dopo otto anni di attesa. Un buon auspicio per i colossi digitali Usa su cui, da tempo, si è acceso il mirino di Margrethe Vestager, la commissaria alla Concorrenza Ue.
Il gruppo di Mountain View, secondo Bruxelles, ha abusato della sua posizione dominante (pari al 90% delle ricerche online) per favorire il proprio comparatore di prezzi «Google Shopping» a scapito dei concorrenti. In pratica, se si cerca un qualsiasi articolo come, ad esempio, uno zaino per il ritorno sui banchi di scuola, la pagina di Google si apre con una carrellata fotografica con i prodotti sponsorizzati dagli inserzionisti della stessa Mountain View. Solo in fondo alla prima pagina di ricerca si trova un altro sito di comparazione (trovaprezzi), ma in pochi ci arrivano. E, per Bruxelles, è illegale. Google era finita sotto accusa anche negli Usa, ma già nel 2013 aveva concordato adeguamenti con le autorità.
Google poi ha altri fronti aperti con Bruxelles, di cui due per motivi di Antitrust: su AdSense una e un'altra sugli smartphone Android. Casi che potrebbero costare al colosso californiano sanzioni fino a 9 miliardi.
Non solo.
La Ue, in questi giorni, ha deciso di muoversi verso una «web tax» comune per contrastare il fatto che i giganti dell'economia digitale, tra cui appunto Google, riescano a far sfuggire al fisco europeo gran parte dei guadagni ottenuti vendendo servizi virtuali. L'orizzonte è quello di tassare le aziende digitali in tutti i Paesi dove generano reddito e non soltanto dove hanno la base fiscale. Se ne parlerà venerdì e sabato all'Ecofin di Tallin.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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