Coronavirus

Hertz "si infetta" e fa crac negli Usa

Il big dell'autonoleggio chiede il "Chapter 11", pesa lo stop ai viaggi. Europa esclusa

Hertz "si infetta" e fa crac negli Usa

Renault ha l'acqua alla gola, come ammesso dall'azionista Eliseo attraverso il ministro Bruno Le Maire, e il colosso dell'autonoleggio, Hertz, è stato costretto, con le sue sussidiarie statunitensi e canadesi, a chiedere l'ammissione al «Chapter 11». Cioè a quella procedura di riorganizzazione, attraverso un piano di risanamento proposto dall'impresa stessa, che deve ottenere il benestare del giudice, in questo caso la Bankruptcy Court di Wilmington, in Delaware. Il passo successivo, se il «Chapter 11» dovesse fallire, si chiama liquidazione.

Hertz, numero due a livello mondiale negli autonoleggi, potrebbe così diventare la prima vittima illustre del coronavirus in un settore, quello automobilistico, tra i più colpiti dalla crisi sanitaria. Dichiarando il rischio di bancarotta, Hertz ha però espresso l'intenzione di rimanere attiva (le attività di noleggio proseguono regolarmente), mentre ristruttura i propri debiti, per ripresentarsi, in seguito, come compagnia finanziariamente più sana. Nel ricorso al «Chapter 11» non è inclusa, insieme ad altri Paesi, l'Europa.

Hertz sembra aver patito più di tutti, al momento, la pandemia da coronavirus e, in proposito, le restrizioni sugli spostamenti messe in atto dai governi ovunque. Da qui il mancato pagamento dei canoni di leasing della sua flotta di veicoli negli Stati Uniti. A incidere maggiormente è stato il crollo del traffico aereo: quasi due terzi degli introiti di Hertz arrivano, infatti, dai noleggi di autoveicoli presso gli aeroporti. La società era già corsa al riparo, tagliando in marzo 12mila posti di lavoro e mandando in congelo non retribuito 4mila dipendenti. Ridotti anche del 90% gli acquisti di nuovi automezzi con l'obiettivo di generare risparmi per 2,5 miliardi di dollari l'anno. A preoccupare è soprattutto il debito monstre di 19 miliardi di dollari.

Hertz, fondata nel 1918 da Walter L. Jacobs, deve il suo nome a chi, nel 1923, acquistò la società allora denominata «Rent-A-Car Inc»: il businessman americano John Daniel Hertz. Sopravvissuta alla Grande Depressione del 1929, al blocco delle fabbriche di auto negli Usa durante la Seconda guerra mondiale e alle crisi petrolifere, per Hertz rischia ora di risultare fatale il contagio da Covid-19.

Di fatto, è il primo segnale tangibile di quella che Aniasa, l'associazione italiana industria autonoleggio e servizi automobilistici, ha battezzato come «tempesta perfetta». «Se il lockdown fosse capitato a fine settembre-inizio ottobre - spiega il direttore generale Giuseppe Benincasa - avremmo avuto una situazione completamente diversa perché la stagione era passata. Il lockdown è invece arrivato quando i costi erano già tutti partiti. Anche la notizia dei timori che ci sono in casa Renault, e cioè che l'azienda non possa sopravvivere senza gli aiuti di Stato, è un campanello d'allarme. Per quanto ci riguarda, ciò che preoccupa in tutta questa partita è il totale disinteresse del governo italiano sul mondo dell'automotive: quasi 400mila occupati, circa il 10% del Pil e il 18% delle entrate fiscali, che stanno praticamente a zero. Non si capisce quali siano le intenzioni di Palazzo Chigi - ribadisce il direttore generale di Aniasa -; se si pensa di sostituire le entrate fiscali e gli occupati di questo settore, con le biciclette e i monopattini, non si va da nessuna parte».

«Abbiamo chiesto al governo - precisa il presidente Massimiliano Archiapatti - due interventi immediati per provare a salvare la stagione estiva e per dare ossigeno alla mobilità aziendale: un voucher per le famiglie da poter spendere per una qualunque attività compresa nell'offerta turistica del nostro Paese, autonoleggio incluso, e il ripristino del superammortamento per i veicoli aziendali».

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