L'industria ceramica italiana ha investito in innovazione e tecnologia 2 miliardi negli ultimi cinque anni, di cui 500 milioni nel solo 2018, rendendo possibili prodotti che fino a qualche anno fa nessuno era in grado di prevedere. Ora il prossimo passo è investire nel capitale umano, in quei giovani cioè che dovranno essere in grado di gestire la ricerca, la produzione e l'organizzazione nei prossimi anni. Così Confindustria Ceramica (insieme a Federchimica Ceramicolor e alle università di Bologna e di Modena-Reggio Emilia) ha promosso un master di secondo livello dedicato a Impresa e tecnologia ceramica.
«Investire nella formazione delle persone che lavorano nelle nostre aziende afferma Giovanni Savorani, presidente di Confindustria ceramica è uno dei fattori di competitività più importanti per il presente e per il futuro». Il master è rivolto a 30 laureati in discipline scientifiche, tecniche, economiche e giuridiche che saranno formati come figure di alto profilo e di elevata specializzazione; l'insegnamento avverrà nelle aule ma soprattutto in fabbrica, dove saranno gli stessi manager a trasmettere le proprie competenze. Va ricordato che in questi anni l'occupazione nel settore è sempre aumentata e che ci si attende da qui a cinque anni l'ingresso di alcune centinaia di nuovi addetti.
L'industria ceramica italiana, che ha le piastrelle come prodotto principale, è prima nel mondo per fatturato: altri Paesi, come la Cina per esempio, sono competitivi sui prezzi bassi e sviluppano quindi maggiori volumi. Ma solo in Italia, o quasi, è possibile produrre per fare un esempio - lastre uniche di 3,2 metri per 1,6, con 8 millimetri di spessore: un risultato di ricerca e di tecnologia senza pari. Il settore si compone di 140 aziende in Italia, il 90% delle quali sta in Emilia e Romagna, l'80% nell'area di Sassuolo, in una logica di distretto, con produzioni e servizi parcellizzati e integrati. I dipendenti diretti sono circa 20mila, ai quali si aggiungono circa 15mila persone nell'indotto. Il fatturato complessivo delle piastrelle è di 5,4 miliardi stando al preconsuntivo 2018 (erano 5,5 nel 2017, dopo tre anni di crescita), al quale si possono aggiungere altri 4 miliardi dell'indotto, nel quale sono attive un migliaio di aziende subfornitrici, spesso piccolissime. Da osservare che a tutto questo va aggiunto il fatturato delle 16 fabbriche italiane nel mondo, 800 milioni, con 3mila dipendenti: sono state aperte per essere più vicini ai mercati internazionali, perché va ricordato un metro quadrato di piastrelle pesa 20 chilogrammi e quindi il costo del trasporto è sensibile. Quei 5,4 miliardi di ricavi provengono per l'85% dall'export, che ha i suoi mercati tradizionali di sbocco in Francia, Germania e Stati Uniti; qualcosa come 4,5 miliardi, che rappresenta quasi il 10% al saldo attivo della bilancia commerciale italiana. I Paesi concorrenti a livello globale sono Spagna, Cina, Brasile, Turchia, ma nessuno allo stesso livello di qualità e, quindi, di valore aggiunto; per intenderci, le piastrelle cinesi costano il 60% in meno ma sono un prodotto non confrontabile con l'alta gamma italiana.
Il master presentato ieri avrà una durata di 1.500 ore; le domande dei candidati con laurea magistrale dovranno essere presentate entro il 13 settembre e sono già state finanziate dalle associazioni imprenditoriali 12 borse di studio.
Come ricorda Savorani, «prima di lanciare i corsi è stato effettuato un approfondito studio sulle competenze necessarie tra tre-cinque anni nelle aziende ceramiche, analisi necessaria per orientare i percorsi formativi in modo da ridurre il più possibile la distanza tra la scuola e il mondo del lavoro».
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