Il 4 maggio riapriranno le concessionarie di auto dopo il lungo lockdown causato dalla pandemia da Covid-19, ma il timore reale è che i saloni restino deserti. Senza uno stimolo forte da parte del governo, sia economico sia in nome di un'aria più pulita e di una maggiore sicurezza, il settore faticherà ancora di più a ripartire. Come era prevedibile, aprile sarà il mese più nero dopo un marzo in caduta libera (-85,4% le vendite di auto, -72% i veicoli commerciali, -40,5% i camion, -61% per i rimorchi). A giovedì 23 aprile, gli automezzi acquistati erano 2.229, cioè 1.458 vetture (-98% sul 23 aprile 2019), mentre i furgoni segnavano un rosso del 92% (771 unità). I conti sono presto fatti: alla fine del mese mancano cinque giorni e in tutto aprile 2019, in Italia, erano state immatricolate 174.412 auto (+1,5% sul 2018) e 15.203 furgoni (+16%).
Avanti di questo passo, senza una forte scossa dal governo, molti concessionari saranno costretti a chiudere con drammatiche ripercussioni sull'occupazione. Lo stesso problema riguarda la filiera automotive rimasta ferma a lungo.
A questo punto, il premier Giuseppe Conte (a gennaio sembrava volesse chiudere subito la partita all'ennesima sollecitazione arrivata dal settore) e i suoi ministri, che da alcuni giorni hanno sulle scrivanie le richieste urgenti di intervento inviate da Anfia (filiera italiana), Unrae (gruppi esteri) e Federauto (concessionari), è chiamato, da qui alla fine del mese, a dare un segnale o per lo meno un'agenda contenente gli interventi da attuare considerati prioritari. «In verità - precisa Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto - l'auspicio era che i concessionari potessero riaprire da lunedì prossimo, almeno per poter consegnare ai clienti le vetture già acquistate».
«Il governo - avverte Michele Crisci, presidente di Unrae - deve prendere in considerazione, per far ripartire l'economia, i settori con il maggior peso su Pil e gettito fiscale. L'automotive è tra questi comparti. Non è un caso che la Cina ha subito deciso per un forte stimolo all'auto, mentre in Germania il ministro dell'Economia ha detto che le istanze del settore sono state recepite». Il 5 maggio, in proposito, governo tedesco, costruttori e sindacati discuteranno del problema, mentre la Bassa Sassonia, azionista con il 20% di Volkswagen, si è espressa favorevolmente per un piano di rottamazione green. «In questo periodo - aggiunge Crisci - si sono già perse 400mila auto. Nel 2020 le vetture mancanti all'appello saranno almeno 700mila, che significa un buco solo di Iva pari a 3,5 miliardi». «I tempi per salvare il settore sono strettissimi - puntualizza Paolo Scudieri, presidente di Anfia - un provvedimento dev'essere applicato tangibilmente il prima possibile. Ogni ora guadagnata rappresenta una certezza in più per le imprese e i lavoratori. Il rinnovamento, attraverso incentivi, del parco auto italiano non è più rinviabile».
Tra i costruttori, a parlare è Gaetano Thorel, ad di Groupe Psa Italia: «Il 4 maggio riaprirà la rete vendita di veicoli nel Paese e sarebbe importante partire subito con delle certezze sugli stimoli riferiti alla domanda».
Queste le proposte inviate al governo da Anfia, Unrae e Federauto, anticipate giorni fa da il Giornale: via sino a fine anno il malus; portare da 70 a 200 milioni il contributo relativo agli ecobonus, allargando la fascia di veicoli premiati da 61 a 95 grammi/km di CO2 emessa (premio di 1.000 euro per l'acquisto di un veicolo nuovo senza rottamazione e di 2.
000 con la restituzione dell'usato da demolire), indipendentemente dal tipo di alimentazione; premio rottamazione per chi acquista un veicolo giacente nello stock, quindi subito disponibile; detraibilità dell'Iva al 100% per le auto aziendali. Inoltre, incentivo per chi rottama il proprio furgone Euro 0-1-2-3 e ne acquista uno nuovo, anche diesel. Per i camion, si chiede il superammortamento e un fondo da impiegare per lo svecchiamento del parco circolante.
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