Il mediano con tocco di palla, nato nel vivaio interno di Intesa Sanpaolo e poi promosso regista e capitano, ora può permettersi di sfidare l'arbitro. Nel dare la bussola al gruppo da qui al 2021 con il nuovo piano strategico, l'ad Carlo Messina ieri ha infatti alzato la voce con la Vigilanza europea in vista del cosiddetto addendum sulla gestione dei deteriorati.
«Dal prossimo anno anche le banche di Francia e Germania dovranno fare i loro compiti a casa come le banche italiane», ha detto davanti al parterre di investitori riuniti a Milano contestando il «metodo» di valutazione delle sofferenze e sottolineando che «le interazioni con il regolatore sono corrette e basate sul rispetto reciproco, quando ci chiede una cosa noi la facciamo, ma ora vogliamo vedere lo stesso lavoro fatto sulle banche francesi e tedesche». Per fare la voce grossa, però, bisogna avere le spalle coperte. E così Intesa ha annunciato l'obiettivo di dimezzare i non performing loans nel 2021 a 26,4 miliardi al lordo delle rettifiche, dai 52,1 miliardi del 2017, e a 12,1 miliardi al netto, portandone l'incidenza al 2,9% sui crediti alla clientela. «Diventeremo la prima banca in Europa», ha detto Messina, dunque anche la meno rischiosa.
Dopo aver chiuso il 2017 con un utile di 7,3 miliardi, includendo nel conto i 3,5 miliardi assegnati dal Tesoro in seguito all'acquisizione delle banche venete, il nuovo piano prevede di far salire i profitti a 6 miliardi nel 2021 mantenendo alzata l'asticella dei dividendi ai soci con un pay out al 70% in graduale diminuzione dall'85% al 2018. Nel frattempo, è stato centrato l'obiettivo del vecchio piano di distribuzione di 10 miliardi di dividendi cash (3,4 miliardi sul 2017). Nel piano sono indicate anche la crescita in Cina e nel settore del risparmio gestito attraverso l'alleanza con un «player globale di mercato» (ancora da scegliere ma il mercato scommette su Blackrock) oltre all'ambizione di diventare la prima compagnia assicurativa in Italia per i prodotti diversi dal comparto auto dedicati al retail. Sul piatto c'è poi la cessione di immobili per 1-1,5 miliardi e la costruzione di una cittadella, sul modello Santander, forse nell'area dell'Expo per riunire tutte le sedi sparse a Milano. Non solo. Verranno incorporate 12 società controllate tra cui spunta a sorpresa anche Imi, la banca di investimento che per anni è stata considerata il braccio operativo del gruppo. Nei prossimi tre anni non sono, invece, previsti matrimoni: l'ad vede in Italia la necessità di consolidamenti per le altre banche ma «non per Intesa». Idem all'estero: «una fusione con una banca europea non è fattibile, le sinergie cross border non sono tali da poter giustificare la creazione di valore», ha ribadito Messina il cui mantra resta appunto quello di subordinare ogni investimento al valore creato.
Il mercato apprezza: in una seduta pesante per Piazza Affari, Intesa ha viaggiato in netta controtendenza per poi chiudere con un +0,6 per cento.
Con il raddoppio della capitalizzazione, passata sotto la sua gestione da 25 a 52 miliardi (diventando proprio ieri il titolo più pesante del listino), Messina ha guadagnato 800mila euro «come incentivo di lungo termine».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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