Intesa mantiene la promessa ai soci

Il dividendo sarà di tre miliardi. Messina: «Non possiamo aiutare altre banche»

Profitti sopra alle attese, crediti deteriorati in diminuzione e tre miliardi di dividendi da distribuire ai soci che potranno così digerire meglio lo sforzo a sostegno del sistema bancario italiano. I conti di Intesa Sanpaolo confermano che l'istituto guidato da Carlo Messina è il più solido della galassia italiana del credito.

L'utile netto del terzo trimestre si è attestato a 628 milioni, in calo rispetto ai 722 milioni di un anno prima, ma sopra le stime degli analisti che viaggiavano fra i 550 e i 600 milioni. Il dato dei primi nove mesi è stato pari a 2,3 miliardi rispetto ai 2,7 miliardi dei primi nove mesi 2015 che però avevano beneficiato di un andamento particolarmente favorevole dei mercati finanziari nel primo semestre dell'anno. Non solo.

Sui risultati va infatti considerato il peso dei contributi al Fondo di risoluzione (quello per quest'anno spesato nel primo semestre) e al Fondo di garanzia dei depositi (quello stimato per l'intero esercizio spesato nei primi nove mesi). Senza lo sforzo finanziario a sostegno del sistema bancario il risultato raggiunge dunque i 2,5 miliardi e considerando anche le plusvalenze di circa 895 milioni derivanti dalle cessioni delle controllate Setefi e Intesa Sanpaolo Card (annunciate nei mesi scorsi, ma da contabilizzare nel quarto trimestre) l'utile supera i 3,2 miliardi, con ampio anticipo sull'obiettivo previsto dal piano industriale 2014-2017 di poter distribuire 3 miliardi di dividendi per l'intero 2016. Miliardi che diventeranno quattro nel 2017, sempre secondo i target del business plan.

Lo stato di salute della banca si misura anche dal controllo dei cosiddetti npl: il flusso lordo di nuovi crediti deteriorati provenienti da crediti in bonis si è ridotto in modo significativo e ha anche registrato il valore trimestrale più basso dal quando è nato il gruppo nel 2007. Sono inoltre scesi lo stock di crediti deteriorati (-4% rispetto a giugno), quello delle inadempienze probabili (-7%) e delle sofferenze (-1 per cento).

L'essere la banca più forte del sistema, però, comporta anche il rischio di essere chiamata a fare da crocerossina al capezzale di quelle più malate. Ma ieri Messina è stato chiaro: «Non ho alcuna intenzione di contribuire ad alcun ammanco di capitale di altre banche a meno che non sia su base obbligatoria», ha detto in conferenza telefonica agli analisti l'ad di Intesa. Che partecipa generosamente anche al fondo Atlante dalla sua costituzione: il gruppo verserà altri 150 milioni di euro, a valere sull'impegno totale fissato a 1 miliardo.

Per i soci di Intesa il sacrificio di questi «oboli» è compensato dallo stacco di dividendi che resteranno generosi. Di certo, non potrà lamentarsi il patron della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, che oltre ad essere azionista della banca lo è anche di Quaestio, l'sgr a capo di Atlante.

Ieri, in un'intervista rilasciata al Mattino di Padova ha parlato a nome dell'Acri ricordando che tutte le fondazioni di origine bancaria hanno messo nel fondo 536 milioni. «Denari ha sottolineato - senza i quali Atlante non sarebbe neanche partito visto che la Bce aveva posto l'asticella a 4 miliardi e, grazie a noi, se ne sono raccolti 4,25».

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