I 140 miliardi di crediti in sofferenza, cioè i prestiti che famiglie e imprese non riescono più a restituire, continuano a togliere il sonno ai banchieri italiani, soprattutto in vista del check up europeo organizzato da Bce ed Eba.
Il settore è quindi alla ricerca di soluzioni e la prima a muoversi potrebbe essere Intesa Sanpaolo, dotandosi rapidamente di una propria bad bank interna. Il capo azienda Carlo Messina potrebbe infatti ufficializzare la nascita della struttura già il 27 marzo, facendone uno dei pilastri del nuovo piano d'impresa, insieme alla vendita delle partecipazioni considerate non più strategiche (come Telecom e Alitalia). La bad bank potrebbe consentire a Ca de' Sass di gestire in maniera «attiva» i 55 miliardi di crediti in sofferenza ora presenti nel suo bilancio (30 miliardi al netto degli accantonamenti) scommettendo sulla ripresa del pil. Quasi tutti i concorrenti sono comunque indaffarati a «disfarsi» delle posizioni più probematiche. Come Unicredit, che dopo aver consegnato a Natale al fondo Cerberus crediti in sofferenza per 950 milioni, ieri ha venduto crediti «pro-soluto» per 700 milioni al fondo Anacap.
Quella su Intesa è al momento un'indiscrezione rilanciata dal Financial Times anche se il progetto avrebbe già fatto capolino in consiglio a dicembre. Giuseppe Guzzetti si è comunque detto all'oscuro del progetto. Agli analisti piace però l'idea che gli istituti italiani diventino più «leggeri» e Intesa potrebbe affiancare anche una iniziativa sui crediti immobiliari finiti in sofferenza. Mediobanca Securities, ha evidenziato come la bad bank di Intesa potrebbe innescare altre azioni di pulizia, migliorare la visibilità del core business e accelerare la riduzione degli asset problematici. Ca de Sass parte da una buona posizione di capitale (11% secondo Basilea 3) e ha restituito in anticipo i 36 miliardi di prestiti a basso costo ottenuti dalla Bce. Simili le conclusioni di Intermonte e Morgan Stanley.
Resta da capire se la bad bank «casalinga» di Intesa rilancera anche il progetto, su cui è al lavoro da un anno Mediobanca, di creare anche una «discarica» nazionale, in cui concentrare i problemi di tutte le banche italiane, come ha già fatto il governo spagnolo.MR
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