Fossimo in un Paese serio impegnato a trarre i frutti dall'avvio delle riforme strutturali non avremmo di che preoccuparci dell'impatto che potrebbe avere il tapering del Qe sulla nostra economia. Invece, dalla prossima riduzione del ritmo di acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, ne avremo una ricaduta nefasta. Il motivo? In questi anni di ombrello protettivo i decisori pubblici non hanno realizzato niente di concreto.
Proviamo ad immaginare una classe di scuola media con il professore che annuncia di voler interrogare su quanto spiegato il giorno precedente; ebbene, gli scolari impreparati, proveranno a nascondersi alla sua vista nei modi più fantasiosi: nascondendo la testa sotto il banco oppure lasciandosi impallare dal compagno che siede esattamente davanti. Un giorno si può farla franca, magari anche il successivo, ma poi L'Italia della politica è, agli occhui di chi si rimbocca le maniche, un po' come una classe di perenni impreparati, che non impara mai la lezione e così, quando il professore di turno diciamo il Mario Draghi della situazione interroga chiedendo conto del proprio programma, ecco che frana tutto. Insomma, in questi anni abbiamo continuato a scherzare col fuoco tra promesse e annunci aleatori. Se il Paese comunque regge ancora è perché, nonostante tutto, molte imprese private si sono riformate. Sono uscite dalla visione familiare per approcciare la sfida dei mercati globali con un'impronta manageriale. Si sono aperte alla realtà. E i risultati si vedono. È il capitalismo degli imprenditori semplici, quello di persone che devono sempre far quadrare i conti.
La politica dovrebbe imitarne il metodo. Riformarsi anch'essa per riformare il Paese. Un cambiamento strutturale di mentalità, ecco. Ma con le elezioni alle porte campa cavallo! E dietro l'angolo avanza il taperingwww.pompeolocatelli.it
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