Più che il posto fisso, basterebbe un posto. Ma gli italiani con un lavoro sono sempre di meno, vittime talvolta invisibili della crisi, spesso solo ridotti a cifre di un fenomeno che attanaglia l’intera Europa. È un esercito di gente a spasso, una lunga fila sparsa lungo la penisola, da Nord a Sud, come non si vedeva dal 1999. È composta da 2,5 milioni di persone. Uomini, donne, giovani. Privi di stipendi, privati di prospettive.
Preoccupa il dato generale, così come i 500mila disoccupati in più conteggiati dall’Istat in marzo rispetto a un anno prima, un valore tale da alzare l’asticella del tasso dei senza lavoro al 9,8%, vale a dire un aumento mensile di 0,2 punti percentuali e dell’1,7% su base annua. E, si badi bene, non si tratta di mezzo milione di licenziati, bensì di gente tornata a cercare un impiego e quindi riapparsa nelle rilevazioni. Non più inattivi, ma attivi. Una differenza sostanziale ai fini statistici, ma anche un effetto ulteriore della recessione. Se, per ipotesi, in una famiglia entra un solo stipendio e le riserve di risparmio iniziano a essere intaccate, scatta l’allarme rosso: cercare, se non proprio trovare, l’offerta di una seconda busta paga diventa un imperativo. Lo è anche tra i 600mila giovani disoccupati (quasi il 36% tra i 15 e i 24 anni; tra gli attivi, più di uno su tre senza lavoro), dove si rinuncia magari all’ennesimo corso di formazione per andare alla ricerca di un salario.
E lo stesso avviene, con buona probabilità, anche tra le mamme rimaste a casa dopo la gravidanza, oppure tra le donne che avevano scelto di fare le casalinghe, ma anche tra gli uomini. Tutti spinti verso un’occupazione anche da un carovita che morde sempre di più e rende faticoso riempire tanto il carrello della spesa (+4,7% i prezzi in un anno), quanto il serbatoio dell’auto (+20,8%).
Per nulla consolatorio appare peraltro il 10,7% di disoccupati nell’euro zona e il 10,2% nell’Ue a 27, segno semmai che la politica dell’austerity non riesce - ovunque - a coniugarsi con la crescita e, dunque, a rimettere in moto le assunzioni. I tonfi di ieri delle Borse di Milano (-2,6%) e di Madrid (-2,55%) certificano con precisione i timori degli investitori verso due tra i Paesi (in Spagna il livello dei disoccupati è sopra il 24%) in cui sono più intricati i nodi del mercato del lavoro. Al punto da mettere la sordina perfino alla notizia che Standard&Poor’s ha tolto il bollo infamante del cosiddetto «default selettivo» accanto al rating della Grecia, sostituito da una tripla C. Oggi, tra l’altro, la riunione mensile della Bce (previsti tassi fermi all’1%) si terrà in trasferta, a Barcellona, dunque proprio nel Paese in cui è più acuta la sindrome da disoccupazione.
È probabile che Mario Draghi, durante l’abituale conferenza stampa, torni a focalizzare la propria analisi sull’andamento congiunturale di Eurolandia,
accompagnandola a previsioni più prudenti rispetto a quelle che fino a un mese fa parlavano di un avvio della fase di ripresa già durante il 2012. L’impressione, invece, è che ci sia ancora una montagna da scalare. Per tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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