Economia

La Cgia: "Artigiani d'accordo con i pagamenti elettronici"

Il governo pronto a stangare i commercianti “ladri”. Ma a conti fatti gli sprechi della pubblica amministrazione, circa 200 miliardi l’anno, sono il doppio dell’evasione fiscale italiana

La Cgia: "Artigiani d'accordo con i pagamenti elettronici"

C’è un fatto che spesso viene equivocato e che vale la pena chiarire: il lavoro autonomo non è un furto. Non è rubare. La Cgia di Mestre ha pubblicato un rapporto che denuncia quanto i micro imprenditori siano vessati dalla cosa pubblica e spiega che l'evasione fiscale e, il relativo uso del contante, non sono nulla di fronte agli sprechi dello Stato.

Da qui parte la marcia di tanti movimenti e associazioni che difendono chi, di fatto, viene spesso dimenticato, o peggio, lasciato solo, dal palazzo. È su questo punto che batte forte lo studio un questione. Il suo vuole essere un invito a ridurre l’enorme peso statale che in Italia è notevole. E dare vita nuova alle speranze di questi cittadini, piccoli eroi borghesi.

È cronaca di questi giorni la marcia dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte per limitare l’utilizzo del contante. Qualcosa che suona male alle orecchie dei piccoli imprenditori. Un assist a loro favore, anche in questo caso, arriva dalla Cgia ed è rivolto a chi in questo Paese produce, produce, produce, spesso senza alcun paracadute pubblico. Il centro studi piomba come un sasso nello stagno nel dibattito politico italiano: cash sì o cash no? E quale procedura potrebbe coinvolgere positivamente artigiani e commercianti nell’adozione del tanto odiato Pos?

Da Mestre fanno sapere: “Se il governo riuscirà a imporre l’azzeramento dei costi di commissione, almeno per i pagamenti fino a 30 euro, siamo certi che i micro imprenditori non potranno che agevolare le transazioni con la moneta elettronica”. Poi avanza uno dato che suona come una provocazione, giusta e sacrosanta: se è vero che l’evasione fiscale in Italia ammonta a 110 miliardi, la somma di denaro persa in sprechi e inefficienze della pubblica amministrazione vale il doppio. Circa 200 miliardi di euro. Un’infinità. E chi poi paga il conto? Intuirete la risposta giusta.

I costi delle commissioni bancarie sulle transazioni elettroniche incidono pesantemente sui pagamenti di piccoli importi. E per i commercianti si tratta di una “tassa” inaccettabile. Ingiusta. Ecco spiegato perché, almeno in Italia, la carta moneta è così tanto usata.

Si è poi analizzato i numeri dell’Italia e paragonati con gli altri vicini di casa in Europa. Ad oggi, i pagamenti a mezzo carta rappresentano non più del 35% della spesa delle famiglie. Nonostante nel 2018 il numero di pagamenti digitali sia cresciuto nel nostro Paese del 6,8%, il Belpaese resta fanalino di coda nel Vecchio Continente per l’uso delle carte di credito. Ci posizioniamo al 24esimo posto su 28 Stati europei, secondo l’osservatorio di Assofin, Nomisma e Ipsos. Come scrive su queste pagine Camilla Conti. Al contrario, i migliori sono Gran Bretagna, Portogallo e Francia con un rapporto più elevato della media europea. Se in Italia il contante in circolo rappresenta circa l’11,6% del Pil, in Germania è il 9,4%, in Francia il 10,1%. Il peso sul Pil scende ancora se si osservano le tendenze del Nord Europa.

Il governo Conte bis sembra sempre più intenzionato a contrastare l’utilizzo del contante, sostenendo la tesi che c’è una stretta correlazione tra l’elevata circolazione della carta moneta e l’evasione fiscale. Nulla di più vero e inutile allo stesso tempo. Come inutile risulta la solita filastrocca del: pagare meno, pagare tutti. Con un tasso di imposizione fiscale reale che si aggira intorno al 70%, sfidiamo chiunque a comportarsi diversamente.

I nostri negozianti di fiducia sarebbero degli ingenui? Non chiamateli così, potrebbero infuriarsi.

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