"Il quadro peggiora, prospettive cupe". Si rischia la bomba sul Pil

Il triplice shock del caro-bollette, dell'inflazione galoppante e del rincaro di tutte le materie prime può portare l'Italia, se la guerra in Ucraina continuerà, verso la recessione.

"Il quadro peggiora, prospettive cupe". Si rischia la bomba sul Pil

Allarme del Centro studi di Confindustria sulle conseguenze macroeconomiche della guerra in Ucraina: la recessione può tornare a essere una prospettiva concreta per l'Italia. "La guerra frena l'Europa, in particolare l'Italia", sottolinea il Centro Studi Confindustria nella congiuntura flash di aprile spiegando che "lo scenario italiano è in peggioramento a causa del rincaro dell'energia e di altre materie prime". Una complessa contingenza che precedeva la guerra aveva portato al triplice shock del caro-bollette, dell'inflazione galoppante e del rincaro di tutte le materie prime (non solo energetiche), creando le condizioni perché un evento come l'invasione russa dell'Ucraina scatenasse la tempesta perfetta.

"Gli indicatori congiunturali a marzo - osserva il Csc -hanno confermato il netto indebolimento dell'economia italiana. Il conflitto in Ucraina amplifica i rincari di energia e altre commodity, accresce la scarsità di materiali e l'incertezza. Sommandosi agli effetti dei contagi, ciò riduce il Pil nel primo trimestre 2022 e allunga un'ombra sul secondo: l'andamento in aprile è compromesso e le prospettive sono cupe". Viale dell'Astronomia non la nomina mai esplicitamente, ma la parola-tabù, recessione, non è più solo uno spauracchio ma un'ipotesi concreta.

L'industria italiana è esposta ai venti di tempesta della crisi globale, la ripresa post-Covid che si mirava a consolidare in questo 2022 è stata compromessa, la destrutturazione dei mercati globali ha frenato la forza trainante del sistema-Paese, l'export. "L'export italiano cresceva prima del conflitto: +5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti, ben oltre i livelli pre-Covid. Buona parte dell'aumento - spiega il Csc - era dovuta al rialzo dei prezzi sui mercati esteri (+2,8%). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, Ue ed extra-Ue, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli). I primi effetti della guerra in Ucraina, però, sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo. Inoltre, la dinamica del commercio mondiale, già piatta a inizio anno per il calo degli scambi in Asia e l'aumento in Europa, ha prospettive negative".

Le "prospettive cupe", secondo Confindustria, intaccano anche la fiducia di consumatori e imprese. Il "ridotto ottimismo impedisce quella piena ripresa della domanda interna dell'area che in precedenza era attesa", stimano gli economisti di Viale dell'Astronomia. La grande tempesta economica alla congiunzione tra iper-inflazione, caro-energia e sconvolgimenti dei mercati è stata affrontata, secondo Confindustria, dal governo Draghi, finora, con "interventi parziali": il Csc sottolinea che il governo "ha finora stanziato, per la prima metà del 2022 e senza ricorrere a deficit aggiuntivo, circa 14 miliardi di euro, 11 a sostegno di famiglie e imprese (di cui 1,2 per le grandi imprese solo per il 1° trimestre) e 3 per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell'automotive e dei micro-processori", ma lo sforzo dovrà essere maggiore in futuro.

Ovviamente tutti questi problemi impatteranno sulla crescita finale del Pil. L'idea di un ulteriore rilancio superiore al 4%, che era ipotizzata a fine 2021, è stata già notevolmente ridimensionata. In conseguenza della guerra in Ucraina nella giornata del 22 febbraio Standard&Poor's ha confermato i timori di Confindustria tagliando le stime di crescita dell'economia italiana per quest'anno al 3,1% dal 4,4%. E' quanto si legge nella nota con cui l'agenzia di rating ha annunciato di aver confermato la classificazione BBB con outlook positivo per il debito italiano. Nel 2023 l'incremento del Pil dovrebbe invece attestarsi al 2,1%, per poi rallentare all'1,5% nel 2024 e allo 0,9% nel 2025, rallentando di un biennio il percorso di rientro ai livelli pre-pandemici. Ancora più pesante il conto del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale: le stime per l'Italia indicano una crescita del 2,3% nel 2022 rispetto al 3,8% stimato a gennaio. Il taglio è pari all'1,5%. Per il 2023 la crescita si ferma all'1,7% con una riduzione dello 0,5% rispetto alle indicazioni di gennaio. E i danni all'economia nazionale sono consistenti anche per l'Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha stimato la "zavorra" della guerra sul nostro Pil. Per l'Italia "l'effetto totale della guerra" in Ucraina sarebbe "consistente". Cumulando gli effetti del biennio 2022-2023 il pil "si ridurrebbe di oltre 2,5 punti percentuali e i prezzi al consumo aumenterebbero per poco meno di quattro punti percentuali". Le stime sono contenute nel focus dell'Upb sul conflitto.

I dati dunque parlano chiaro: l'Italia deve affrontare una fase di acutissima volatilità. E la lezione dell'era Covid insegna che misurare gli effetti macroeconomici di uno shock in tempo reale porta spesso a stimare al ribasso i danni che in realtà un'economia può dover conteggiare a crisi finita.

Confindustria lancia un grido d'allarme che parte dalle imprese produttrici e esportatrici che reggono una fette consistente di Pil e occupazione: la tempesta perfetta le può travolgere e dietro i dati della riduzione di crescita rischiamo di assistere a perdite di quote di occupazione e benessere consistenti. Sarebbe la terza volta in poco più di un decennio, dopo la Grande Recessione e la crisi pandemica. L'Italia non può assolutamente permetterselo.

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