Entrambi, Sergio Marchionne e Carlos Ghosn, avevano già fissato l'anno nel quale avrebbero passato il testimone: nel 2019, l'ex ad di Fca; prima del previsto 2022, l'ex numero uno dell'Alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. Il primo, a quel punto, si sarebbe dedicato anima e corpo alla Ferrari, almeno sino al febbraio 2021, scadenza dell'ultima tranche del piano di bonus in azioni. Il secondo, invece, avrebbe messo in sicurezza le sfide strategiche contenute nel progetto «Drive the Future» con l'obiettivo di rendere duratura l'alleanza a tre, con Renault alla ricerca di una posizione di ancora maggiore forza. Il destino, però, ha stravolto tutto: Marchionne è deceduto il 25 luglio, lo stesso giorno (la riunione del cda per la semestrale) nel quale poteva dirsi conclusa la sua missione in casa Fca, avendo portato il Lingotto a raggiungere per la prima volta una liquidità netta industriale positiva. Ghosn, invece, il 20 novembre scorso è stato arrestato a Tokio perché accusato di aver mentito su bilanci e compensi, e si trova tuttora in carcere. Un epilogo inglorioso per chi, da salvatore di Nissan e considerato, in Giappone, un eroe nazionale, negli ultimi tempi era chiaramente diventato un personaggio scomodo. Soprattutto al suo ex «delfino», Hiroto Saikawa, ad di Nissan, il regista dell'operazione che ha portato in prigione il super manager franco-libanese.
Marchionne e Ghosn, due big dell'auto, le cui mosse hanno permesso, da una parte a Fiat di trovare in Chrysler la soluzione per affrontare il futuro come gruppo globale; e dall'altra di aver creato un'alleanza sinergica tra Renault, Nissan e Mitsubishi che nel 2017 è riuscita a conquistare il primo posto nella classifica delle vendite mondiali di autoveicoli.
Il destino ha voluto far coincidere questa «caduta degli dei», per altro iniziata nell'autunno del 2015 con gli avvicendamenti ai vertici del gruppo Volkswagen a causa del Dieselgate, con un momento di profonda trasformazione all'interno del mondo dell'auto. Si è aperta, di fatto, una nuova era: negli anni a venire la mobilità cambierà radicalmente. Motori a emissioni zero, condivisione, guida autonoma, connettività, fino alle auto «volanti» rappresentano lo scenario sul quale i costruttori stanno investendo fiumi di miliardi. A partire dal 2020, in proposito, saranno sempre di più le Case che proporranno nella loro offerta vetture elettrificate, tra ibride e 100% elettriche, in attesa che vengano create le condizioni per la diffusione su larga scala dell'auto a idrogeno, per altro già sul mercato.
Una svolta che il tanto bistrattato Ghosn aveva intuito molto tempo prima che il tema auto elettrica diventasse centrale nelle strategie di tutti i costruttori. Non è un caso che qualcuno definì una follia la sua decisione di investire fior di miliardi per il progetto dell'auto a emissioni zero, nato con Nissan e poi allargato a Renault. Marchionne, dal canto suo, costretto dagli eventi a sposare la tesi dell'elettrico, negli ultimi mesi di vita è riuscito a preparare le basi sulle quali, ora, il nuovo ad di Fca, Mike Manley, sta lavorando per allineare rapidamente il gruppo con le tendenze del mercato.
Nell'auto, dunque, cambia tutto: dai volti di chi comanda al modo di intendere la mobilità e i servizi relativi. Archiviata per motivi giudiziari l'era Ghosn, con una Nissan che rivendica il ruolo di locomotiva dell'Alleanza con Renault, sta per toccare alla tedesca Daimler mettere al posto di comando un nuovo manager, al quale affidare le nuove sfide.
Nell'aprile del 2019 l'attuale numero uno, Dieter Zetsche, lascerà dopo 12 anni la guida operativa del gruppo a Ola Källenius, classe 1969, svedese, primo manager non tedesco chiamato per quel ruolo. Tra i top manager si fa largo una nuova generazione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.