Una "crisi senza precedenti" ha colpito il sistema sociale ed economico globale. A scatenarla è stata l’emergenza causata dal COVID-19, che ha messo in ginocchio il mondo dall’inizio del 2020. Al dramma della malattia, si sono aggiunti anche i danni al settore industriale. Anche l’Unione Europea sta affrontando una recessione economica, pari al 7-10%, secondo i dati riportati dal Rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Tra i settori in crisi emerge anche quello energetico, che ha registrato un calo della domanda e la conseguente riduzione dei prezzi.
Cala la domanda di energia
Con l’esplosione in Europa della pandemia da nuovo coronavirus, i governi dei vari Paesi hanno messo in atto misure di confinamento, che includevano la chiusura di fabbriche, scuole, ristoranti, bar, hotel e l’obbligo di non uscire di casa. Per questo, molte aziende hanno abbassato i livelli di produzione, diversi uffici non hanno consumato corrente per le luci, i computer e l’aria condizionata, contribuendo alla diminuzione del consumo e alla domanda di energia.
Il rapporto UE 2020, stilato da Iea lo scorso giugno, ha evidenziato un calo della domanda di carbone dell’Ue del 20% nel primo trimestre dell’anno e ha stimato che "per l’intero anno 2020, la domanda di energia dell’Ue dovrebbe essere del 10% inferiore ai livelli del 2019". Un calo importante, se si pensa che è pari al doppio di quello "registrato durante la crisi finanziaria del 2008-2009". Anche il documento diffuso dal think-tank EMBER nel luglio 2020, Renewables beat fossil fuel, ha rivelato una caduta del 18% della produzione di combustibili fossili nella prima metà dell’anno. A subire il colpo maggiore è stato il carbone che, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, ha perso il 32%: in Germania la caduta è stata pari al 39%, in Romania del 40%, mentre in Polonia e Bulgaria del 12 e 20%. A causa del COVID-19 e di un inverno mite la domanda di elettricità è scesa del 7% in Europa, nella prima parte dell’anno.
Secondo i dati dell’ultimo Report di Iea sull’elettricità, aggiornato ad agosto 2020, a causa dell’introduzione delle misure di confinamento, per fronteggiare l’emergenza del nuovo coronavirus, a giugno la domanda di elettricità era ancora del 10% inferiore rispetto a quello dello stesso periodo del 2019. A luglio, invece, nella maggior parte dei Paesi Ue, il calo è stato pari al 5% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, ad eccezione dell’Italia, dove la domanda di elettricità è ulteriormente diminuita a causa delle misure più rigorose applicate dal governo della Penisola.
L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) ha confrontato la domanda di elettricità di marzo 2020 (quindi in pieno lockdown) di alcuni Paesi dell’Unione Europea con quella dello stesso mese del 2019. È emersa una riduzione del carico in tutti i Paesi presi in esame, ad eccezione della Svezia, dove il governo non ha adottato misure di emergenza. In questo caso, il primato spetta all'Italia, con una diminuzione della domanda di elettricità del 10%. Ma, in generale, in tutta Europa la domanda elettrica ha subito danni: la Francia ha registrato un calo del 4%, la Spagna del -5%, la Germania e la Gran Bretagna una diminuzione del 2%.
I dati Eurostat, relativi ai primi 4 mesi dell’anno, mostrano un calo significativo dei consumi di energia in Europa. I numeri riguardano i 26 Paesi europei, Italia esclusa (data l’impossibilità di comunicare i dati di aprile a causa del COVID-19), e mostrano un consumo di elettricità inferiore rispetto agli anni precedenti: "Il consumo totale di elettricità dell’UE nell’aprile 2020 è stato inferiore dell’11,2% rispetto al valore più basso di aprile registrato tra il 2016 e il 2019- spiega Eurostat- I consumi di elettricità hanno mostrato livelli molto bassi in alcuni paesi colpiti dalla crisi del COVID-19 e hanno quindi introdotto misure più restrittive". In Francia, il calo è stato del -15%, in Spagna del -14,8%, in Lussemburgo del -13,7%, mentre per altri 4 Stati membri le riduzioni sono state comprese tra il 5 e il 10%.
Anche CESI, società leader mondiale nel campo della tecnologia e dell’innovazione nel settore dell’energia elettrica, ha elaborato un’analisi sugli effetti del lockdown sul mercato energetico nazionale ed europeo, mettendo in luce la caduta dei consumi elettrici nei Paesi europei principalmente interessati dalle misure di contenimento attuate durante la pandemia. In particolare, in Italia i consumi sono calati del 25%, in Francia del 20% e nel Regno Unito del 12%. In discesa anche la domanda di energia elettrica: CESI ha confrontato il periodo 21 marzo-10 aprile 2020 con lo stesso arco di tempo del 2019, evidenziando una riduzione del 7% in Germania, del 13% in Gran Bretagna e del 17% in Spagna.
Le analisi effettuate dai diversi organi concordano nell’evidenziare una diminuzione significativa dei consumi di energia, come conseguenza del lockdown imposto per fronteggiare il nuovo coronavirus, che ha portato, di conseguenza, al crollo della domanda energetica. A subire il colpo più duro sono stati i combustibili fossili e le energie non rinnovabili.
Il rovescio della medaglia e la risposta dell'Ue
La situazione, però, ha avuto anche risvolti positivi e può rappresentare un’opportunità importante per l’Europa. Il lockdown, infatti, ha portato a una riduzione delle emissioni di anidride carbonica e, di conseguenza, dell’inquinamento atmosferico, segnando un punto a favore della qualità dell’aria. Le misure di contenimento prese dai vari Paesi europei per limitare la diffusione del nuovo coronavirus hanno, infatti, portato a una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e a un miglioramento della qualità dell’aria. Stando ai dati del visualizzatore sviluppato dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), che tiene traccia delle concentrazioni medie settimanali di biossido di azoto e particolato, il lockdown ha portato a un calo record di emissioni. Durante la settimana dal 16 al 22 marzo, a Barcellona i livelli medi di azoto sono diminuiti del 55% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre rispetto alla settimana precedente è stato registrato un calo del 40%. Per Madrid e Lisbona, invece, si è assistito a un calo del 41 e 56% e del 51 e 40%. "I dati mostrano un quadro preciso del calo dell’inquinamento atmosferico, soprattutto a causa della riduzione del traffico nelle città", ha osservato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Eea.
Un altro aspetto positivo è che la crisi causata dal COVID-19 non ha riguardato le energie rinnovabili. Al contrario, i settori rinnovabili hanno visto un aumento della domanda e, per la prima volta in assoluto, la produzione di elettricità rinnovabile ha superato quella dei combustibili fossili. Il Report di Iea mostra che, nella prima metà del 2020, "nell’Unione europea le fonti rinnovabili hanno prodotto più energia dei combustibili fossili: il 40% dell’elettricità contro il 34% delle fonti più inquinanti". Anche i dati di Ember confermano questi numeri. Inoltre, nella prima parte del 2020 la produzione di energia da fonti rinnovabili è salita dell’11%: l’energia solare del 16%, quella idrica del 12% e quella eolica dell’11%. L’energia eolica e solare hanno generato, da sole, il 21% dell’elettricità in Europa, nella prima metà del 2020. E, nonostante la variabilità di queste fonti, l’eolico e il solare non hanno mai fornito meno del 10% della produzione di elettricità ogni giorno e non più del 33%. L’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili è da imputare a due fattori: da una parte la caduta della domanda a causa del COVID-19, dall’altra la presenza di un inizio anno mite e ventoso.
Nell’analisi effettuata da CESI si evidenzia come la crisi del settore energetico "rappresenti quello che potrebbe accadere fra cinque anni in termini di penetrazione delle Fonti energetiche rinnovabili (FER) rispetto al carico: 44% nel 2020, 30% nello stesso periodo del 2019". Durante il lockdown, in Europa si è ridotta anche la capacità di importazione, per la necessità di bilanciare i sistemi energetici nazionali e garantirne la stabilità. Questo, secondo CESI, spinge verso la "necessità di implementare ancora più rapidamente misure di flessibilità che garantiscano condizioni sicure quando sono immesse in rete quote elevate di Fonti energetiche rinnovabili (FER)". "In questo senso- spiega l’amministratore delegato Matteo Codazzi- la nostra analisi sottolinea quanto sia indispensabile anticipare e accelerare sia l’utilizzo concreto di queste misure (esempio: pompaggi, batterie, turbogas, ecc.) sia la realizzazione di progetti infrastrutturali di interconnessione".
Le analisi dimostrano l’importanza delle fonti rinnovabili nel panorama energetico. Per questo, l’Unione Europea ha istituito fondi per stimolare gli Stati membri ad intensificare l’uso di rinnovabili e implementare il passaggio dal carbone all’elettricità pulita. E, in questo senso, la crisi causata dal nuovo coronavirus può rappresentare un’opportunità importante. La Commissione europea ha presentato, lo scorso maggio, una proposta per un piano di ripresa sostenibile, uniforme ed inclusiva per tutti gli Stati membri. Il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen ha sottolineato che "il piano di ripresa trasforma l’immensa sfida che affrontiamo in un’opportunità, non solo sostenendo la ripresa ma anche investendo nel nostro futuro. Questo è il momento dell’Europa".
Anche il Consiglio dell’Unione Europea ha elaborato, lo scorso giugno, una risposta alla pandemia nel settore energetico, indicando una via per la ripresa, che "rappresenta un’importante opportunità per stimolare le economie degli Stati membri a ridurre progressivamente l’uso di
combustibili fossili". "L’economia- si legge nel testo- deve diventare più verde, più circolare e più digitale". E, in questo senso, il COVID-19 sembra aver dato un impulso positivo al mercato energetico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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