Aiuti di Stato e cartello sui prezzi. Sono queste le due principali accuse che pendono come una spada di Damocle sul destino di Tirrenia. A muoverle l'Unione Europea e l'Antitrust italiana in una doppia indagine che a giugno avrà il suo epilogo con un verdetto che potrebbe mettere a rischio l'operatività e i piani del gruppo marittimo. Sull'ex società di Stato le «attenzioni» di Bruxelles risalgono ai primi passi mossi dall'Italia per la privatizzazione.
Un percorso iniziato nel 2008 con la cessione delle controllate regionali del gruppo e culminato con la dichiarazione dello stato d'insolvenza, che diede avvio alla vendita. Un iter tutt'altro che in discesa dato che l'Antitrust Ue impose un cambio di rotta dopo aver rilevato che la prima cordata nata in «stile Alitalia» per salvare e acquisire la società generava una «pericolosa concentrazione di mercato». A restare nella Cin, Compagnia Italiana di Navigazione nata ad hoc per l'operazione, fu così solo Vincenzo Onorato di Moby mentre a Gianluigi Aponte di Msc e a Manuel Grimaldi dell'omonima compagnia napoletana subentrarono il fondo Clessidra, Investimenti Portuali, e Shipping Investment.
Fatta la privatizzazione però Bruxelles, sollecitata da una serie di denunce, continuò a indagare sulla correttezza della privatizzazione stessa. Un'operazione su cui esiste più di un dubbio che le misure adottate non fossero in linea con le norme Ue in materia di aiuti di Stato. In attesa delle contro-osservazioni delle parti in causa, attese entro fine aprile, le risultanze europee pubblicate in Gazzetta Ufficiale a fine marzo non lasciano molto spazio ad una diversa interpretazione. Almeno stando alle presunte infrazioni individuate da Bruxelles che vanno dalla vendita delle compagnie regionali della galassia Tirrenia fino alla cessione a Cin. Quanto alle società regionali passate con l'avvio della privatizzazione alle Regioni per essere dismesse entro il 2011, Bruxelles lamenta in generale le numerose proroghe alle sovvenzioni e più nel dettaglio le irregolarità procedurali della vendita di Toremar a Moby.
Sul fronte siciliano, l'Ue punta il dito su Siremar. La Regione dopo aver rifiutato il gratuito conferimento della compagnia, è infatti divenuta l'azionista di riferimento di Compagnia delle Isole, la società che l'ha rilevata, offrendo una controgaranzia per coprire parte del prezzo d'acquisto che secondo l'Ue «ha procurato un vantaggio economico sia a Unicredit, garante di primo livello, sia a Siremar, in quanto mutuatario». In Sardegna, con Saremar nel mirino dell'indagine ci sarebbero invece una serie di compensazioni pubbliche.
Nel mirino Ue ci sono poi le garanzie statali concesse a Tirrenia durante l'amministrazione straordinaria e le sovvenzioni per chi ha rilevato le società del gruppo. È inoltre considerata irregolare la vendita a Cin per 380 milioni. Se, infatti, 200 milioni sono stati pagati subito, per i 180 milioni restanti è stata prevista una dilazione in otto anni. «La dilazione del prezzo va esclusivamente a favore di un'impresa», spiega l'Ue ritenendo che «la vendita del complesso aziendale di Tirrenia a un prezzo inferiore a quello di mercato possa costituire un aiuto incompatibile con il mercato interno». La situazione dunque in casa Tirrenia non è semplice e al di là delle divergenze sorte tra gli azionisti sulla fusione prevista al 2014, il verdetto Ue potrebbe mettere a rischio le nozze Tirrenia-Moby.
L'Antitrust ha poi dato tempo fino a metà maggio alle parti in causa (Moby, Gnv e Marinvest) per fornire altri documenti in merito ai rilievi mossi, che ipotizzano la costituzione di un presunto cartello tra gli armatori privati sulle rotte sarde per la stagione estiva giugno-settembre 2011.
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