Economia

L'industria fieristica volano di crescita del made in Italy

Presentato il primo rapporto "L'Italia delle Fiere Internazionali" realizzato dai Centri Studi di Fondazione Fiera Milano e Confindustria in collaborazione con Cfi-Comitato Fiere Industria. Pazzali: "Ora un nuovo patto per favorire l'internazionalizzazione"

L'industria fieristica volano di crescita del made in Italy

L’internazionalizzazione del Made in Italy e lo sviluppo economico del Paese passano dall'industria fieristica italiana: nel nuovo slancio registrato dall'export tornato ai livelli pre-Covid si sono rafforzate infatti le aziende più grandi e consolidate sui mercati esteri mentre quelle più fragili, essenzialmente Pmi, hanno abbandonato i mercati esteri complice l'impossibilità di accedere ai mercati attraverso le fiere che svolgono un ruolo importante dal punto di vista commerciale.

Non solo. La crescita dell'online, che pure ha”salvato” tanti settori, non ha sfondato nel sistema fieristico: in Italia non c'è stato alcune effetto sostituzione di fiere digitali con quelle in presenza, business to business. I visitatori professionali e i buyer hanno partecipato con numeri piuttosto ridotti: tra gli italiani solo il 19%, rispetto al 30% degli stranieri e la fiera digitale interessa solo per i costi ridotti. Sono soprattutto le Pmi, "vera spina dorsale" del sistema produttivo, infatti, a restare agganciate alla fiera tradizionale, alla fiera fisica che "rimane un elemento chiave, un luogo rassicurante e formativo imprescindibile per la vita stessa dell'azienda".

È questo lo scenario che emerge da L'Italia delle Fiere Internazionali, prima edizione del Rapporto economico-scientifico sul legame fra l'economia italiana e il suo sistema fieristico, realizzato dai Centri Studi di Fondazione Fiera Milano e Confindustria in collaborazione con Cfi-Comitato Fiere Industria.
L’analisi, che si sviluppa attraverso le quattro sezioni “la situazione del mercato pre-Covid e l’onda d’urto della pandemia“, “il ruolo delle fiere per le filiere del Made in Italy“, “le fiere e l’export“, “le fiere e la trasformazione digitale accelerata dalla pandemia“, ha messo a confronto i quattro Paesi europei a maggiore vocazione fieristica, ovvero Italia, Germania, Francia, Spagna e gli Stati Uniti.

“I dati presentati ci dimostrano che Il comparto fieristico globale è stato segnato profondamente dalla pandemia, ma che siamo in una fase di ripresa con un export tornato ai livelli pre-Covid anche se ora su tutto il comparto incide anche la situazione geopolitica mondiale che stiamo affrontando e che ancora non sappiamo quanto impatterà, ma che ci auguriamo possa risolversi il prima possibile sopratutto per tutte le persone che ne stanno pagando le conseguenze - ha detto Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano -. Il sistema fieristico, quello italiano è il secondo a livello europeo, è un partner fondamentale per le nostre aziende soprattutto per un tessuto industriale come il nostro con tanta manifattura che in questi due anni ha avuto problemi ad accedere ai mercati esteri e che ora ha bisogno di essere supportata”.

“Abbiamo però ora due sfide da cogliere ha aggiunto Pazzali -. La prima è la trasformazione digitale che, come dimostrato anche dal rapporto, non può essere sostituiva della presenza fisica, ma complementare a essa. La seconda riguarda non solo le fiere, ma anche istituzioni e aziende: tutti insieme dobbiamo lavorare perché sia riconosciuto al sistema fiera il suo ruolo chiave per l'internazionalizzazione, che le consenta di essere una finestra sul mondo per tutto il tessuto economico italiano guardando anche alla Germania, che su questo ruolo strategico tra fiere e istituzioni, ha costruito il suo primato e che oggi può vantare più di trecento fiere internazionali a fronte delle nostre sessanta”.

"Nel contesto internazionale segnato dalla drammaticità degli eventi in Ucraina, tengo a ribadire ancora una volta che potrete sempre contare sul costante impegno del ministero degli Esteri a favore dell'export e internazionalizzazione delle aziende italiane”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un messaggio inviato per la presentazione del Rapporto. Le fiere "sono un volano di sviluppo trasversale per tutti i comparti del Made in Italy e un veicolo strategico per le esportazioni e più in generale per il sistema produttivo”. Il ministro ha ricordato che "sin dalla fase più acuta della pandemia il ministero ha messo prontamente in campo iniziative per sostenere la ripartenza del settore fieristico”. sottolineando l’importanza del "Patto per l'export, con un impegno di 5,7 miliardi” e come “il Sistema Paese italiano ha dimostrato resilienza e capacità di ripartenza registrando nel 2021 livelli record di esportazioni, pari a 516 miliardi, in aumento del 18% rispetto al 2020 e del 7,5% rispetto ai livelli pre-Covid.

Le fiere sono "il cuore pulsante" dello sviluppo economico ma anche "il cuore che ha guardato molto al sociale" nel periodo della pandemia, ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, ricordando che gli spazi fieristici sono stati "ospedali, reparti di terapia intensiva, hub vaccinali, centri di accoglienza" e "fare queste cose in Italia - ha aggiunto - sappiamo che non è così semplice e che potrebbe arrivare qualche avviso di garanzia". L'imprenditoria italiana - ha rimarcato - pure nei momenti più difficili "ha dimostrato essere di grande livello anche se la narrazione non è così consona alla realtà: durante la pandemia abbiamo tenuto aperte le nostre imprese non per il profitto ma per garantire la logistica, l'arrivo dei medicinali, la presenza degli alimentari sugli scaffali di prossimità". "Abbiamo voluto essere operatori sociali dei territori - ha concluso - e ci siamo assunti tutti responsabilità molto importanti in un periodo difficile per il Paese: spero non venga mai dimenticato".

Le fiere in Europa

Tra il 2015 e il 2019, si spiega nel capitolo del Rapporto dedicato alla situazione pre Covid- in Italia, Germania, Francia e Spagna si sono svolte più della metà (54%) delle fiere internazionali con una occupazione dello spazio netto affittato del 76%. In questi quattro Paesi si è registrata la partecipazione del 69% dei visitatori totali e del 74% degli espositori.
L'Italia rappresenta il 23% delle superficie affittate, la Germania, il principale competitor, il 50% mentre la Francia il 16% e la Spagna al 12%. Con la pandemia il fatturato a livello mondiale è calato del 68% nel 2020 e del 59% nel 2021. Tra i settori più internazionali il sistema Moda (84% di fiere con internazionalità forte), seguito da Comunicazione Ufficio, che comprende anche le fiere di editoria (72%), Industria (70%) e Arredamento (68%).

Per quel che riguarda l'Italia le fiere più internazionalizzate appartengono ai settori moda, arredamento, industria, salute ambiente, comunicazione ufficio e costruzioni ed ospita il maggior numero di metri quadrati nel settore moda, con una quota di mercato del 23% dei 2,7 milioni di metri quadrati venduti a livello mondiale. Nella cosmetica, che nel suo complesso supera il milione di metri quadrati venduti nei Paesi considerati, l'Italia rappresenta una quota del 13%, al secondo posto dopo la Cina. La Cina occupa la prima posizione in tutti i settori, a eccezione del comparto moda, grazie al suo enorme mercato interno. Tornando al rapporto tra fiere ed export e tra export e mondo fieristico il recupero delle esportazioni stima un ritorno nel 2021 ai livelli pre-Covid, ovvero a circa 516 mld di beni (il 32,6% del Pil), ma con un recupero dalle caratteristiche peculiari. Infatti, nel 2020, sono 126.275 gli operatori economici che hanno effettuato vendite di beni all'estero e nel 2019 erano 10.688 in più. In Italia infatti, esiste un esteso segmento di "micro esportatori": 72.571 operatori che realizzano un fatturato molto limitato dalle esportazioni (fino a 75.000 euro). Solo 4.276 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro (segmento che realizza il 71,2% dell'export italiano). Nel 2020 è in aumento la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi 1000 operatori (da 51,7% a 52,6% dell'export complessivo), così come le quote dei primi 100 operatori (da 25,5% a 26,1%) e dei primi 20 (da 12,1% a 12,6%). Si sono quindi rafforzate le aziende più grandi e consolidate sui mercati esteri mentre quelle più fragili e piccole, "hanno abbandonato i mercati esteri e non sono state sostituite da nuovi operatori ", si legge nel Rapporto causa proprio "l'impossibilità di accedere ai mercati attraverso le fiere ha probabilmente determinato in parte questi risultati".

Nulla da fare invece sul fronte delle fiere digitali: nel 2020 sono cresciuti per questo moltissimo i canali di vendita misti online e offline, e i canali di acquisto misti: i grandi buyer hanno comprato in quantità significative, sia offline sia online. Ma alla fine l'online non ha convinto: da un'indagine condotta da Grs Research & Strategy su 1.200 espositori e 6.000 visitatori di 24 manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale emerge chiaramente che i buyer (visitatori) hanno partecipato in numeri piuttosto ridotti alle fiere digitali: tra gli italiani solo il 19%, rispetto al 30% degli esteri e per entrambi si è trattato di una soddisfazione medio-bassa sotto il profilo delle relazioni, della comprensione delle novità e delle tendenze, del contatto con i fornitori abituali, di quelli nuovi e degli ordini. Mediamente i soddisfatti sono tra il 30 e il 40%.

Anche per gli espositori la partecipazione alle manifestazioni virtuali è limitata al 23% degli italiani e al 32% degli esteri, con soddisfazione ancora più bassa sui fattori chiave: cercare nuovi clienti (12-15%) e presentare nuovi prodotti (20-30%), Bassissima la soddisfazione sulla raccolta di ordini, anche se gli espositori esteri appaiono lievemente più soddisfatti. Riguardo al rapporto tra visitatori e fiere on line o in presenza, prevale nettamente il gradimento per queste ultime. La Fiera fisica, per la stragrande maggioranza degli interpellati si conferma in quasi tutti i campi con percentuali di gradimento che vanno dal 72% all'87%; dalla possibilità di fare conoscenze causali alla qualità del networking. Dalla soddisfazione generale al senso di appartenenza alla community. Dal fare business a trovare nuovi fornitori e l'ispirazione per nuove idee. L'on line raggiunge risultati apprezzabili quando si parla del rapporto valore tempo e della qualità dei contenuti formativi.

Ma soprattutto, il digitale si afferma nettamente quando si affronta il tema dei costi per la partecipazione a una Fiera, con il 76% del gradimento.

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