di Manuel Seri*
La riforma delle professioni per le quali è obbligatoria l'iscrizione a un Ordine (Avvocati, Commercialisti, Ingegneri, Architetti, ecc), entrata in vigore la scorsa estate, obbliga tutti i professionisti a sottoporsi alla «formazione continua permanente» per assicurare
«il continuo e costante aggiornamento della propria competenza
», sotto minaccia di sanzione disciplinare. Sono comprensibili le polemiche che aleggiano tra i professionisti, costretti a rincorrere l'accumulo del prescritto punteggio annuale («crediti formativi») partecipando a eventi che non sempre offrono l'utilità auspicata. Come se non bastasse, all'obbligo formativo si aggiunge anche una penalizzazione fiscale a dir poco beffarda perché, nella determinazione del reddito professionale, le spese di partecipazione a convegni, congressi o a corsi di aggiornamento, incluse quelle di viaggio e soggiorno, sono deducibili nella misura del 50% del loro ammontare. Significa che la metà del costo sostenuto per la formazione obbligatoria viene considerato dedicato allo svago, e perciò non è fiscalmente inerente all'esercizio dell'attività professionale. Incredibile, ma vero. L'Agenzia delle entrate è stata ovviamente interpellata sull'argomento, ma naturalmente ha confermato l'applicazione dell'assurda penalizzazione fiscale perché la norma non fa distinzioni sulla natura della formazione, e perciò si applica anche a quella divenuta obbligatoria per legge. Al danno si aggiunge anche la beffa: da un lato, per accumulare i punti, i professionisti debbono sottrarre tempo prezioso all'attività di lavoro in studio che esige inevitabili approfondimenti delle varie questioni e richiede un aggiornamento quotidiano costante sull'evoluzione delle normative; dall'altro, gli stessi professionisti debbono pure subire l'ingiusta tassazione sulla metà della spesa sostenuta per adempiere all'obbligo formativo (intanto, però, anche quando vanno ad accumulare punti, il loro studio continua a macinare i normali costi di funzionamento). Limitare al 50% la deduzione fiscale di un costo necessario per l'esercizio della professione è un modo surrettizio, discriminatorio e ingiusto per aumentare la tassazione a carico dei soli professionisti a cui si dovrebbe porre immediatamente rimedio, abrogando la relativa disposizione normativa.
*Movimento in difesa
dei lavoratori autonomi
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