"L'Ue sapeva già dal 2013 del rischio test truccati"

L'accusa arriva dal Financial Times. Bruxelles: "Misurate solo le emissioni, non i software dei motori". Suzuki si smarca e vende le sue quote a Porsche

"L'Ue sapeva già dal 2013 del rischio test truccati"

La Commissione Ue aveva avvertito già due anni fa del rischio di manipolazione dei test sulle emissioni da parte delle case automobilistiche. A dirlo è il Financial Times, che svela un rapporto del 2013 del "Joint Research Centre" in cui si evidenziavano i problemi posti dal defeat device, il dispositivo al centro dello scandalo Volkswagen.

Nonostante questo, però - fa notare il quotidiano - né le autorità a Bruxelles, dotate di poteri limitati, né quelle degli Stati nazionali hanno fatto nulla prima che scoppiasse in Usa lo scandalo della casa automobilistica tedesca, il cosiddetto dieselgate. L'Europa si difende dalle accuse sostenendo che i ricercatori Ue hanno misurato solo le emissioni delle auto, non i software dei motori a cui non avevano accesso, scoprendo gas in laboratorio diversi da quelli su strada: una cosa nota che ha portato la Ue a introdurre test su strada dal 2016.

Secondo il viceministro ai Trasporti, Riccardo Nencini, - che conferma i dati di Delrio - in Italia i motori diesel truccati della Volkswagen potrebbero essere circa un milione: "Sono in corso controlli per verificare il danno provocato anche in Italia", ha detto. "Si tratta di un colpo molto duro alla fiducia, un ingrediente fondamentale ma tra i più carenti durante la crisi", ha aggiunto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, "Temo che ci siano conseguenze, mi auguro limitate, anche perchè a catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana. Il problema non è solo tedesco, ma europeo. Se la fiducia viene intaccata, sono a rischio gli investimenti".

Intanto anche la Suzuki si smarca e mette definitivamente

una pietra sopra all’alleanza, mai decollata, con Volkswagen per le auto ibride ed elettriche. L'azienda giapponese ha infatti annunciato di aver venduto a Porsche la quota rimanente - l'1,5% - di azioni in suo possesso.

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