Mediaset cita in giudizio Vivendi per chiedere l'esecuzione del contratto di acquisto di Premium, la pay tv del gruppo, e 50 milioni di euro di danni per ogni mese di ritardo nell'adempimento degli accordi a partire dal 25 luglio, data in cui si è consumato il dietrofront dei francesi all'origine dello strappo.
Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi a cui fa capo il controllo del Biscione, dovrebbe seguire a ruota depositando una citazione in giudizio da notificare a Parigi nei primi giorni della prossima settimana. Con una partecipazione in Mediaset pari al 34,7% del capitale, la cassaforte è stata penalizzata dalla retromarcia dei francesi posto che, da allora, Mediaset ha perso in Borsa il 20% circa.
La società guidata da Pier Silvio Berlusconi e presieduta da Fedele Confalonieri in una nota diramata ieri a mercato chiuso, ha comunicato di aver depositato presso il Tribunale di Milano «per la notifica a Vivendi, l'atto di citazione a tutela dell'effettiva esecuzione del contratto vincolante concluso tra le parti l'8 aprile 2016» e la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dal ritardo «fin qui accumulato» e da «eventuali ulteriori ritardi prodotti da fantasiose e dilatorie proposte di accordi diversi dal contratto in essere» e pari a 50 milioni al mese.
Il calcolo, secondo quanto risulta, sarebbe stato formulato tenendo conto dei costi di gestione ordinari di Premium, oltre che di quelli sostenuti tra aprile e fine luglio dopo le richieste dei francesi (ad esempio, il rinnovo dei contratti sui contenuti tv stipulati con canali americani).
Mediaset, «per chiarezza», ha poi specificato che l'atto di citazione riguarda «l'obbligo di esecuzione del contratto» e non i danni che la risoluzione della compravendita di Premium comporterebbe. In questo caso, ovvero se Vivendi decidesse comunque di non onorare l'accordo, per il Biscione si parla di almeno un miliardo e mezzo di danni. Da Parigi invece, finora, tutto tace.
La vicenda risale allo scorso aprile quando Mediaset e Vivendi si erano accordate per la cessione di Premium a fronte di uno scambio azionario tra i due gruppi pari al 3,5% del capitale. Il contratto avrebbe dovuto essere operativo a settembre. A fine luglio, tuttavia, Vivendi aveva fatto marcia indietro e, sulla base di target industriali ritenuti irraggiungibili, aveva alzato l'asticella chiedendo solo il 20% di Premium e addirittura il 15% di Mediaset. Il Biscione ha subito rispedito al mittente la controproposta bollandola come «irricevibile» e ribadendo la vincolatività del contratto per la cui esecuzione si era detto pronto ad andare in causa.
Negli ultimi giorni si erano diffuse indiscrezioni di un accordo di compromesso all'orizzonte. Secondo questi rumors, Vivendi sarebbe stata al lavoro per raggiungere un compromesso, anche con l'aiuto di Mediobanca che annovera tra i suoi azionisti Fininvest e Vincent Bollorè a cui fa capo Vivendi. Tra le ipotesi formulate si parlava di un possibile ingresso di Telecom Italia, controllata al 24,6% da Vivendi, nel capitale di Premium.
Ma ieri fonti interne al gruppo di tlc hanno riferito di non avere alcune interesse in merito.Da Cologno Monzese, peraltro, la direzione è chiara: prima si esegue il contratto di aprile, poi volendo si discute di eventuali accordi futuri.
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