Economia

Meno prodotto allo stesso prezzo: l'Antitrust indaga sui rincari nascosti al supermercato

Il fenomeno sgrammatura. Così i consumatori non vedono gli aumenti. I trucchi: pacchi di pasta da 400 grammi e mozzarelle rimpicciolite

Meno prodotto allo stesso prezzo: l'Antitrust indaga sui rincari nascosti al supermercato

L'Antitrust accende un faro su confezioni e prezzi dei prodotti. E soprattutto sul peso. Finisce sul tavolo del garante la cosiddetta «Shrinkflation», la tecnica con cui le aziende riducono la quantità di prodotto nelle confezioni, mantenendo i prezzi sostanzialmente invariati.

Ieri in audizione in commissione d'inchiesta sulla tutela dei consumatori presieduta da Simone Baldelli, l'Autorità, ha annunciato il direttore generale Giovanni Calabrò, «sta monitorando il fenomeno al fine di verificare se possa avere rilevanza ai fini dell'applicazione del Codice del Consumo, con particolare riferimento alla disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette». Era stato il Codacons a denunciare la pratica negli ultimi mesi con esposti in 104 procure e alla stessa autorità garante: «Il fenomeno della shrinkflation determina una inflazione occulta a danno dei consumatori e svuota i carrelli della spesa», ricorda il presidente Carlo Rienzi. «Attendiamo ora i risultati delle verifiche dell'Autorità e invitiamo gli utenti a prestare la massima attenzione in fase di acquisto e a controllare sempre confezioni, pesi, etichette e prezzi in modo da difendersi da tale odiosa pratica».

Nel mirino erano finite le colombe pasquali da 950 grammi, le mozzarelle da 100 grammi invece che da 125, il caffè da 225 al posto di quello da 250 grammi, la pasta non nei formati consolidati da 500 grammi e da 1 Kg, il tè con 20 bustine invece di 25 e innumerevoli altri prodotti. Di fatto «mascheravano l'aumento del prezzo», ricorda Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori. «La sgrammatura dei prodotti è antica - spiega - ma con la crisi attuale e gli aumenti dei costi di produzione delle aziende, dovuti ai rincari energetici di luce e gas, le segnalazioni dei consumatori si erano moltiplicate e le tecniche delle aziende si sono fatte sempre più insidiose. È scorretto, però, diminuire il quantitativo interno di un prodotto mantenendo la confezione della stessa grandezza, oppure ridurre di pochi grammi il peso rispetto a quelli tradizionali e consolidati da decenni».

E poi ci sono le conseguenze anche sui produttori. Secondo Coldiretti la pratica è solo «l'ultima trovata per scaricare l'aumento dei costi alimentato dalla guerra in ucraina sugli anelli deboli della filiera come consumatori e produttori». Non solo il peso nelle confezioni, «si moltiplicano speculazioni e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione. Il risultato è che più di un'azienda agricola su 10 (11%) si trova - continua la Coldiretti - in una situazione così critica da portare alla cessazione dell'attività ma ben circa un terzo del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo».

Si rischia l'effetto domino sui margini e sulla sostenibilità dell'attività economica, perché «per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati, appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi».

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